Di nuovo in giro, lo so, ma noi questa vita ce la vogliamo godere al massimo e quindi vi propongo un giretto bellissimo se siete in zona Veneto o Friuli Venezia Giulia, un luogo stupendo incontaminato dove poter fare delle bellissime passeggiate, non eccessivamente faticose, gustare degli ottimi prodotti di malga e sostare con il camper anche la notte, sotto le stelle e nel silenzio più assoluto.
Posto questo articolo che sono già sulla strada del ritorno in quanto sul Montasio non c’è rete che tenga, connessione nulla con qualsiasi operatore, insomma… la natura allo stato puro!
Ci arrivate agevolmente lungo una stradina un po’ tortuosa che si dipana dall’abitato di Sella Nevea, nei pressi del comune di Chiusaforte, in Carnia, quindi nell’udinese, ma se ce l’abbiamo fatta noi con sette metri di camper ce la fate tranquillamente anche voi, l’importante è mantenere una velocità adatta alla strada di percorrenza.
Tutta la zona della val Raccolana è stupenda, lontana anni luce dalle mete turistiche più conosciute, potere trovare degli angolini incontaminati in cui l’acqua si tinge di mille colori e, in effetti, la nostra prima meta sarebbe stata lungo un fiume della zona ma, in tutta onestà, per i nostri gusti l’affollamento era già eccessivo quindi abbiamo proseguito per le malghe che, pur se affollate, lasciavano un maggior respiro grazie ai molteplici sentieri percorribili.
Arrivo alle casere
Abbiamo intrapreso il sentiero meno affollato, quello delle casere, lasciando il caos di quello che porta al rifugio, percorrendo un totale di quasi dodici chilometri tra andata, ritorno e deviazione per la malga, dove abbiamo fatto scorta di golosità casearie.
Il resto del racconto lo lascio alle immagini: vi è venuta voglia di passeggiare tra pascoli e stalle?
Ancora pochi metri e potere acquistare un buon pasto freschissimo a base di latte
Scende la notte e ci siamo solo noi e le stelleE con l’ultima stella vi auguro la buonanotte in questo silenzio puro e cristallino…
Siamo arrivati all’ultimo giorno di questa bellissima mini vacanza assolutamente soddisfatti e rilassati: oggi la giornata inizia con un sole cocente, dopo alcuni giorni di clima respirabile si inizia a sentire l’estate a tutto tondo.
Iniziamo la giornata affrontando una bellissima visita al castello di Harburg che, essendo situato in un’area un po’ rialzata, ci consente di godere di una piacevole brezza nonostante il sole scotti: si tratta di un complesso medievale risalente all’XI/XII secolo, periodo in cui esso era un castello imperiale, successivamente venne dato in pegno ai conti di Oettingen e rimase di proprietà della linea protestante degli Oettingen-Oettingen sino alla loro estinzione, per poi passare alla linea cattolica degli Oettingen-Wallerstein, alla cui fondazione appartiene tutt’ora.
Lungo il cammino di ronda Feritoia sempliceFeritoia a sfera per una difesa miglioreFeritoia per il lancio di liquidi bollentiFeritoia con appoggio per l’arma L’esterno del castello è interamente decorato dai bambini
Vi posto un po’ di scatti dell’esterno dell’edificio in quanto gli interni, molto belli, sono coperti da divieto assoluto di riproduzione e divulgazione.
Dopo la consueta pausa pranzo ci siamo spostati di pochi chilometri e abbiamo raggiunto Nördlingen im Ries, bellissimo centro bavarese racchiuso dalla consueta cinta muraria turrita e bagnato da un corso d’acqua.
La porta della città e la cinta muraria
Gironzoliamo tra le case a graticcio, passeggiando lungo le strade a pavè fortunatamente ombreggiate perché il calore avanza di ora in ora e siamo sempre accompagnati da due cagnoline che patiscono il caldo; notevole è la Chiesa di S.Giorgio, evangelica, imponente nella maestosità e molto semplice nel suo interno, ovviamente con la tipica fisionomia delle chiese evangeliche che presentano l’altare al centro della navata centrale e gli interni molto lineari.
Case a graticcioLa casa più alta della città
Lo stile che la contraddistingue è tipicamente gotico (che io adoro quindi me la sono girellata tutta in totale visibilio), la torre che la accompagna è chiamata “Daniel” e, aspetto caratteristico di questo bellissimo centro medievale non da poco, esso sorge all’interno di un cratere meteoritico chiamato Ries, formatosi pressapoco 15 milioni di anni fa a seguito della caduta di un meteorite della dimensione di un chilometro che precipitò alla velocità di 70000 km/h, penetrando nel terreno e formando il suddetto cratere di circa 25 km.
La chiesa anglicanaPasseggiando per le vie del centro
Vi lascio agli scatti di quest’ultima giornata, stupenda come le precedenti pur se con un piccolo appunto: ho notato che negli anni (frequento la Baviera da più di vent’anni) si è perso quel bellissimo stile tradizionale che l’ha sempre contraddistinta, quello stile caratterizzato dalle botteghe di boccali in ceramica ad ogni angolo di via e di Stuben in cui poter gustare un’ottima Wienerschnitzel mit Pommes Frites… ecco questa costa mi è dispiaciuta poiché la rendeva unica!
Ancora cicogne…La dolce vita
Domani affronteremo circa sette ore e mezzo di strada per rientrare quindi vi lascio con questi ultimi scatti e ci rivediamo a casa!
Iniziamo un’altra giornata sotto un cielo che cambia di continuo, tra raggi di sole cocente e nuvoloni che rotolano su se stessi donandoci attimi di refrigerio e decidiamo di affrontare parecchi chilometri per uno scopo nobile: raggiungere il birrificio che produce la Weissbier più buona che abbiamo mai bevuto! Arriviamo quindi al birrificio Gutmann di Titting, un piccolo stabilimento perduto nel nulla che produce solo wiessbier di una qualità eccelsa e ovviamente aggiungiamo un’altra cassa di bottiglie alla già cospicua collezione destinata alle nostre scorte, tant’è che ne abbiamo per tutto l’anno a venire.
Lasciamo il birrificio e, dopo la pausa pranzo, visitiamo Donauwörth, una cittadina graziosissima che sorge su un’isola tra il fiume Wörnitz e il Donau (il Danubio): è un piccolo centro ricco di fiori e di casette colorate, con due bellissime chiese che non ometto di ammirare, non per fede cattolica in quanto non credente, ma da amante dell’arte.
Le mura cittadine e la Riedertor
Lungo il perimetro della strada principale, cui si accede dalla porta che si apre lungo le mura rimaste in ottime condizioni, possiamo vedere svariati edifici originali e rimaneggiati come abbiamo notato anche nelle tappe precedenti, spesso riutilizzati quali sedi amministrative, commerciali e abitative, il tutto però perfettamente omogeneo in uno stile urbano e cromatico ineccepibile.
La Fuggerhaus, eretta dai Fugger, nota e potente famiglia di AugustaLa Cattedrale di Nostra Signora, eretta dal 1444 e terminata nel 1467, in stile gotico, a tre navate e dal particolare pavimento in salita in quanto segue la morfologia del terreno su cui poggia.
Anche questa è una cittadina da vivere, da passeggiarvi con il naso all’insù, il che vi permetterà anche di notare, sui comignoli, la presenza di cicogne nei loro nidi… rammento di averne viste molte in Polonia ed in Alsazia e ho provato un piacere immenso nel reincontrarle in un contesto urbano.
Di edifici notevoli ovviamente ce ne sono degli altri, tuttavia non intendo limitarmi alla noiosa veste di “guida turistica”, bensì cercare di condividere l’atmosfera del luogo, le sensazioni e la poesia che il mio “occhio fotografico” ha scorto in molti angoli di questo grazioso isolotto.
Uno dei tanti nidi di cicogne.Il Monastero della Santa Croce, edificio sacro che subì eventi di ogni tipo nel corso degli anni, tra cui la trasformazione in scuderia ad opera di Napoleone.Meravigliosi i soffitti stuccati.La città è cosparsa di piccoli orti di aromatiche.
Siamo rientrati in camper dopo la consueta sosta per una weissbier all’aperto ed una passeggiata lungo il Danubio, senza stress alcuno e godendo del tepore del sole ancora alto nonostante fosse quasi ora di cena; domani ci aspetta l’ultima giornata di questa bellissima mini vacanza inaspettata e che si sta rivelando una meraviglia!
Siamo al secondo giorno di questa brevissima vacanza e già siamo indietro con il programma, ma pazienza… mi interessa rilassarmi e girellare senza troppi impegni, cosa che in camper è fattibile non dovendo sottostare a prenotazioni.
Il Lech
Lasciamo l’area sosta che ci ha ospitati per la notte e ci dirigiamo a Landsberg am Lech, classificata come un piccolo centro degno di interesse storico e turistico: come già accaduto ieri di storico rimane ben poco in quanto completamente ricostruito, tuttavia il centro è assolutamente delizioso, curato nei minimi particolari, ridente e grazioso.
L’effetto è bellissimo già da lontano Pegni d’amore passeggiando lungo il ponte
La città sorse all’incrocio di due vie romane: la via Claudia e la via del Sale, situando il proprio centro storico proprio lungo la riva destra del fiume Lech che, come sempre è accaduto in passato con i corsi d’acqua, ha rivestito un punto di fondamentale importanza per lo sviluppo cittadino. Tale sviluppo proseguì sino alla fine del XIX secolo, interessando in particolar modo la zona sita sulla sponda opposta del fiume, ossia dove oggi si estende maggiormente la città con i quartieri di Katharinenvorstadt, Neuerpfting, Weststadt e Schwaighofsiedlung; solo nel 1923 però il centro acquistò notorietà in quanto nelle sue prigioni venne incarcerato Adolf Hitler e in esse egli redisse il “Mein Kampf”. Oggi rimane un centro ricco di case curatissime, con una chiesa dagli interni stupendi ed un corso d’acqua con annesso mulino.
Ricorda un po’ ColmarScorci del centroLe vie pedonali del centroIl mulino ad acquaTerrazzini a pelo d’acqua La BayerntorLa KreuzekircheLa torre del fornaioAngolini deliziosiRiecco colui il quale è stato protagonista delle chiese visitate ieri, abilmente ritratto sulla parete di un palazzo
Terminata la visita abbiamo lasciato la cittadina per concederci una pausa pranzo rilassante lungo la strada per Friedberg, considerata anch’essa una città storica e turistica, valutazione in merito alla quale mi sento di dissentire, tuttavia si tratta di un’altra chicca che vale una breve visita. È un centro tranquillo, piccolo, ricco di fiori e in cui regna un silenzio piacevolissimo… vi lascio delle immagini con delle brevi descrizioni.
Anch’essa è situata lungo la Romantische Straße ed è caratterizzata da edifici ricchi di tetti a falde, bow windows e torrette, lungo i quali ogni tanto si scorge qualche resto delle mura cittadine, con le torri rotonde e la cinta di mattoni. Il Castello dei Wittelsbach, rinascimentale, si inserisce nel perimetro murario, tuttavia non ci è dato da visitare ed, onestamente, nemmeno incuriosisce più di tanto il visitatore essendo completamente ammodernato con conseguente perdita del fascino originario.
Personalmente l’ho intesa quale un piccolo centro di campagna da vivere più che da visitare con la dovizia turistica che ci si può aspettare, tant’è che ho rinvenuto molta più cura nelle case, nei giardini e nelle vie del centro rispetto a quanto è stato riservato alle vestigia delle origini, spesso trascurate ed “ornate” dai bottini della spazzatura (per me ovviamente inconcepibile).
L’ingresso al castello, del quale rimane solo questoIl cortile del castello
Fiori ovunque La Marienplatz con la Colonna della Peste e la Fontana della VergineOgni chiesa presenta dei particolari bellissimi
Domani ci aspetta un’altra visita lungo la Romantische Straße, nemmeno io so ancora dove andremo in quanto, rispetto al piano originario, stiamo improvvisando parecchio… quindi “stay tuned” e a domani!
Questo è un anno godereccio, oramai si era capito. Avevo già inoltrato il piano ferie estive al lavoro ma vuoi mettere la possibilità di incastrare qualche giorno in più se ne capita l’occasione? Noi siamo amanti del mondo germanico da sempre, appena possiamo fare una volata in Austria ce la concediamo, se poi riusciamo a sconfinare in Germania ancor meglio e, volendo esagerare del tutto, se il viaggio vede la Baviera come protagonista siamo al top della gioia!
Margot è pronta prima di noi!
La Romantische Strasse è stata già protagonista, in passato, di alcune vacanze, ma si sa che le tappe papabili noi le troviamo sempre, quindi (dopo aver lottato contro gli scogli lavorativi di mio marito) abbiamo preparato al volo uno zaino, organizzato qualche pappa per le cagnoline che ci accompagnano come sempre, e abbiamo messo in moto il nostro Chewbecca, fedele compagno di viaggio.
Il giorno della partenza si è rivelato faticosissimo, impegnato da cantieri autostradali, corsie dimezzate, camion ovunque, con la conseguenza che ci siamo fermati a dormire prima della meta programmata, grazie all’ospitalità di un parcheggio di un supermercato di Innsbruck, visto che in Tirolo vige il divieto assoluto di trascorrere la notte al di fuori delle aree camper e/o dei campeggi. Il che sarebbe stato il minimo dei problemi se non fosse stato che contavamo di fare la spesa alimentare strada facendo, tuttavia grazie ad un po’ di pasta e di verdure che avevo portato da casa siamo riusciti a sfamarci con soddisfazione nonostante tutti i negozi fossero oramai chiusi.
L’indomani abbiamo percorso due tappe con tutta la calma possibile, godendo dei meravigliosi paesaggi che questo paese offre allo sguardo, fermandoci alla Wieskirche, stupenda chiesa di forma ovale sita ai piedi delle Alpi Tedesche, in mezzo a prati immensi del verde più spettacolare che si possa immaginare. Trattasi di un santuario che sorge nel distretto di Weilheim-Schongau, eretta nel XVIII secolo in stile rococò da Dominikus Zimmermann ed attualmente costituente bene protetto dall’UNESCO grazie alla sua fama di meta di pellegrinaggio. Inizialmente sorse unicamente una cappella, ancora presente, destinata ad accogliere i pellegrini a seguito del presunto miracolo del Cristo flagellato piangente, poi però rivelatasi insufficiente per l’inaspettata massa di visitatori, motivo per cui venne eretto il santuario. L’inizio del XIX secolo vide la secolarizzazione dell’edificio che si salvò dalla demolizione solo grazie alla volontà dei compaesani. Vi lascio pochi scatti, letteralmente rubati in silenziosa presenza nel corso di una funzione religiosa, ma che ben fanno comprendere la bellezza del luogo, attualmente dedicato al Salvatore flagellato.
La cappella antistante la WieskircheLa WieskircheIl pulpito
Dopo un breve pasto nell’area camper del santuario ed una breve tappa ad un caseificio locale (l’elemento culinario qui non può mai mancare), abbiamo fatto tappa a Schongau per una visita al centro storico ed una buona birra locale.
Schongau è una cittadina carinissima nonostante dell’aspetto storico rimanga ben poco in quanto quasi completamente demolita e ricostruita sulle vestigia medievali, ancora visibili grazie alle mura turrite e alle porte d’accesso. Il cuore della cittadina è costituito da Marienplatz, ricca di case risalenti al tardo gotico, come intuibile dai tetti caratteristici dell’epoca, nonché dall’Altes Rathaus, il palazzo comunale, e dalla parrocchiale di Mariae Himmelfahrt, anch’essa progettata da Dominikus Zimmermann in stile rococò bavarese e ricca di stucchi e di affreschi.
Una delle porte della città Una delle torri delle muraLa meridiana affrescata che decora le mura esterne della chiesaLasciamo questo magnifico edificio sacro chiudendo dietro di noi la possente serraturaMarienplatzUna città curata nei minimi particolari E finalmente una meritatissima weissbier…
Ora siamo fermi in relax in una bella area sosta, completa di ogni servizio, a goderci la libertà che solo una vita on the road può offrire e pronti a progettare la prossima tappa che domani ci vedrà protagonisti… pronti a stare in mia compagnia anche domani sera?
Come promesso eccomi per poche dritte spicce, dettate da alcuni giorni di esperienza volti a confutare parte delle informazioni forniteci dall’agenzia viaggi.
Nelle mie colazioni non è mai mancato lo skyr con lo sciroppo di frutta o con i cereali È il pasto che ti salva la giornata…
Clima: ovviamente il periodo dell’anno in cui si intraprende un viaggio rileva, comunque il clima è estremamente variabile, ma non per questo motivo c’è da viaggiare con la cabina armadio appresso. Noi abbiamo dormito negli alberghi, quindi comfort massimo, e di ciò che abbiamo portato ben poco ci è servito. Premesso che avevamo, a testa, un trolley piccolo ed uno zainetto, ma già era troppo: lì si va con solo abbigliamento tecnico (e fin qui abbiamo rispettato il consiglio), dal momento che è ciò che indossano anche i locali, tuttavia mi sono limitata ad usare un paio di pedule basse alla caviglia, con le quali ho viaggiato, nonostante i tre giorni di pioggia, riservando un paio di Ugg alle cene in albergo, almeno per comodità, ma una sneaker sarebbe bastata.
I nostri pranzi
Calzini da trekking e pedule alte? Un impiccio inutile.
Andate a vedere le balene e vi consigliano di portare sovracalzoni impermeabili e poncho? Inutili perché ti vestono loro. Magari portate un poncho per qualche escursione sotto un tempo sfigato perché l’ombrello NON si usa visti i venti impetuosi che possono colpire l’isola.
Andate alle terme? Il telo in spugna lo forniscono loro, non portatevi nulla fuorché costume e ciabattine in gomma.
Tutti gli alberghi forniscono shampoo doccia e balsamo, qualcuno anche salviette struccanti, cotton fioc e crema corpo.
In sostanza vi riassumo quanto io ho effettivamente utilizzato: un leggings da trekking, uno morbido per l’albergo e uno più stretch per il viaggio, due magliette a manica corta, una per la giornata e l’altra per la cena mentre la prima, lavata al volo, si asciugava sul termoarredo, anch’esso sempre presente.
Biancheria lavata giornalmente, quindi due pezzi di tutto.
Portare un berretto, guanti e scaldacollo, anche se non ho usato quasi nulla, ma siamo stati fortunati con il tempo.
Ultime cose: avevo un giaccone tre in uno staccabile, sotto un giacchino tecnico con cappuccio e uno di ricambio per il viaggio di ritorno. Stop.
Questo è un esempio di main dishLa salvezza del penultimo albergo con prezzi più abbordabili Questo è considerato un antipasto Ecco il pane con burro compostoLa zuppa di pesce è considerata un antipasto
Piuttosto, se vi avanza un angolino in valigia, portate degli snacks, cibo confezionato, tutto aiuta poiché questo è un argomento dolente: l’albergo offre delle colazioni strepitose, comprese nel prezzo, scordatevi di portarvi via i panini poiché è moralmente vietatissimo, i pranzi li farete nel nulla assoluto quindi solo con degli spezzafame, mentre le cene non sono comprese nel prezzo della camera. Noi abbiamo dormito principalmente nella catena Fosshotel, favolosa, ma di solito sorgono nel nulla, quindi zero alternative e una cena per due, con una o massimo due pietanze a testa, scelte tra quelle più economiche (il pesce è l’alimento che costa meno) va dai 50 ai 100 euro per due persone , chiaramente morendo di fame dopo una giornata a scarpinare, nonostante i piatti siano abbondanti. Ricordatevi che gli antipasti sono costituiti da minestre a base di pesce o di carne, abbondanti, delle volte da terrine di pesce e pane di segale, mentre il piatto principale è sempre ricco di verdure e spesso include anche carne o pesce, mentre prima di ordinare vi porteranno spesso del pane con del burro composto da spalmare , il che aiuta a saziare. Inoltre non esiste l’acqua minerale, ma solo ottima acqua di fonte (e ci credo…); gli alcoolici vengono forniti solo da bar e ristoranti e da pochi negozi autorizzati dallo stato, a seguito di un lungo periodo di protezionismo. In un negozio di alimentari ci lascerete comunque le penne perché i prezzi sono folli ovunque. Se avete una botta di fortuna da trovare un fish and chips sappiate che li fanno buonissimi e ve la cavate con poco più di 40 euro per due persone.
Tutti i negozi aprono alle 10 del mattino e le cucine di alberghi e ristoranti chiudono alle 20, fondamentale da ricordare per non morire di fame. Se trovate qualche punto vendita facente parte della catena con il simbolo del porcellino (quello del salvadanaio, per intenderci), fate scorta perché è quello in cui vi peleranno di meno.
Almeno the e caffè in camera non sono mai mancati
La benzina: ancora dolori. Le pompe sono poche, pertanto appena ne vedete una rabboccate il serbatoio… non si sa mai, comunque il prezzo è solo un po’ più elevato del nostro. Insomma si spende molto (ma ne ero consapevole ), per contro quasi tutte le escursioni sono gratuite; personalmente abbiamo pagato solo il tour del ghiacciaio, quello delle balene e la spa.
Qualunque spesa, pure un caffè, si paga con la carta di credito: io ho usato una semplice Revolut ricaricabile, accettata ovunque, che mi ha permesso di controllare tutte le uscite direttamente con la conversione da corone in euro. Gli alberghi vi chiederanno sempre una carta di credito di garanzia, come del resto l’autonoleggio, quindi avrete bisogno anche di una carta di credito con i numeri in rilievo.
Lingua parlata: inglese. Lo parlano alla perfezione ed è molto comprensibile, tuttavia mi è capitato, in pochi casi, che nonostante il mio inglese piuttosto buono e fluente abbia trovato qualche individuo incomprensibile (però disponibile a collaborare).
Strade e limiti di velocità: le autostrade non esistono, vi sono solo strade molto scorrevoli che però seguono la morfologia del territorio, impegnando il viaggiatore a macinare chilometri su chilometri, talora su strade asfaltate ma ricoperte di ghiaia vulcanica a protezione da eventuali gelate. Il limite massimo è di 90 km/h, non vi sono controlli (almeno visibili) e infatti i locali corrono come dei pazzi, dimostrando grandi abilità nella guida vista la tipologia di strade (e detto da me che al volante sono piuttosto allegra).
Penso di aver fatto un sunto abbastanza decente per una rapida comprensione, ma semmai chiedete chiarimenti… io intanto vi lascio con una carrellata di squisitezze che ho avuto modo di degustare, almeno rendiamo onore al tema principale di questo blog, ultimamente messo un po’ in disparte.
Vi ho convinti? Sappiate che gli islandesi sono un popolo di una gentilezza estrema, molto rilassati e amichevoli, quindi… buon viaggio!
Siamo arrivati al nostro ultimo giorno prima del rientro in Italia, vorremmo ancora vedere moltissime cose del paese che ci sta ospitando ma il tempo è tiranno nonostante ogni giorno che passa ci rendiamo conto di quanto questa terra offra al visitatore… quindi scegliamo le ultime tappe quotidiane, saliamo sulla jeep e via!
La prima fermata dista poco dal nostro albergo, quindi scendiamo a Seljalandfoss per ammirare, in tutta la loro imponenza, le cascate che si aprono lentamente allo sguardo in un mare di nebbia, ben presto dissoltasi offrendoci uno spettacolo unico.
Il sentiero offre la possibilità di ammirarne la portata a 360 gradi, nonostante la doccia garantita difficilmente evitabile, per poi accompagnare il visitatore fino alle vicine cascate minori.
Le rapide di Urridafoss
La tappa seguente la facciamo a Urridafoss, sede delle rapide più ampie d’Islanda, in merito alla quali c’è poco da aggiungere alla consueta utilità dell’energia idrica per il il paese, ma solo da fermarsi ed ammirare quanta bellezza la natura regali generosamente allo sguardo di chi la apprezza.
Ed eccoci arrivati ad una delle visite che aspettavo con maggior trepidazione, siamo a Geysir, località ricca di geyser che prende il nome da quello più attivo tra tutti; infatti qualcuno si limita solo a ribollire e a gettare qualche fiotto d’acqua, anche a causa della scellerata mano umana che, nel gettarvi all’interno delle monete, ha bloccato l’attività eruttiva, mentre uno di essi offre questo spettacolo ogni 4-5 minuti circa… un getto immenso, improvviso e che dura una frazione di secondo.
GeysirKonungshver, una delle pozze più statiche
Facciamo una capatina al volo anche a Thingvellir, immenso parco naturale in cui, per la gioia di mio marito, in quanto appassionato di storia, sorge il punto in cui i vichinghi istituirono il primo parlamento al mondo, oggi una sorta di circolo di pietre, come potete intuire dalla foto.
Marito felice dinanzi al cospetto vichingoLa faglia di Silfra, anch’essa nello stesso parco naturale, dove le placche tettoniche tra continente europeo ed americano si incontrano (ma con grande rammarico, a causa della mancanza di tempo, non siamo riusciti ad approfondire).
Una volata la facciamo anche a Reykjavik, capitale del paese ed inaspettatamente graziosissima, con un centro ricco di casette basse e colorate che sembra quasi di trovarsi tra le stradine londinesi di qualche film; inoltre è una città piena di vita e di giovani che va semplicemente vissuta tra una passeggiata ed una sosta ad un fish and chips.
La Rainbow Street Le casette della capitale (però circondata dai grattacieli immensi della periferia)Foto pessima, ma ho dovuto tagliare alcuni ostacoli visivi (e sono tutti scatti fatti al volo con il telefono)Per noi è sempre una tappa imperdibile
Ed eccoci arrivati all’ultimo appuntamento, da me attesissimo vista la mia immensa passione per l’acqua: siamo alla Sky Lagoon, un’esperienza unica tra piscina termale, sauna, massaggio con olii essenziali e bagno turco. C’è chi ne fa un appuntamento tra amici offrendo la Spa anche un bar cui si accede direttamente dall’acqua, all’interno di una grotta, dove poter godere di un aperitivo, e chi si affaccia al mare sottostante sia dalla sauna, la cui immensa vetrata ne offre una panoramica diretta, sia dalla piscina che, al tramonto, è un sogno. Ad un lato della piscina vi è una cascata di acqua tiepida, sotto la quale nuotare immersi negli zampilli, mentre dalla parte opposta non può mancare una pozza di acqua vicina allo zero termico in cui immergersi per riattivare la circolazione.
L’ingresso Il percorso verso la terrazza sul mareDa qui… lo spettacolo Ci tengo a precisare che tutte le foto scattate in piscina sono autorizzate dalla direzione della stessa, soprattutto stante l’irriconoscibilità dei volti a causa del vapore.
Vi lascio alle immagini, salutandovi in volo e rimandandovi ad un ultimo post per pochi consigli pratici dettati da questa esperienza meravigliosa che ha contraddetto alcune dritte forniteci dall’agenzia viaggi, rivelatesi errate e che ci hanno costretti a portare un bagaglio eccessivamente pesante.
Ottavo giorno della nostra permanenza in terra islandese, anche oggi iniziamo le prime ore del mattino sotto la pioggia ma poco ci importa in quanto questo paese è incredibile con qualsiasi condizione meteo.
La prima brevissima tappa la facciamo per onorare la memoria di un figlio d’Islanda, Jön Ericsson, il cui monumento eretto a sua memoria svetta lungo la nostra strada: trattasi di un cittadino nato in condizioni di povertà ma sveglio d’intelletto, motivo per cui la sua cultura venne patrocinata dall’arcivescovo del paese, facendo sì che egli potesse diventare docente di diritto e costituendo quindi motivo di orgoglio per il paese che ci ospita. Insomma si è trattato di una tappa breve e forse di scarsa attrattiva, ma a noi è sempre interessato fare propria anche una parte del paese in cui ci troviamo, in quanto comprendendo la cultura del luogo ci si rapporta meglio con chi lo abita.
Una foca mentre si immergeUno zoom sul musino della foca
Dopo qualche fermata di minore rilevanza abbiamo deciso di recarci a Diamond Beach, uno spettacolo che ci ha permesso di ammirare le foche nuotare tra gli iceberg, i cui pezzi staccatisi, simili a dei diamanti, si stendono lungo tutta la spiaggia, da cui il nome che la identifica. Dire bella è poco, una distesa di sabbia nera cosparsa di diamanti di ghiaccio mentre le foche nuotano indisturbate poco lontano dalla riva osservando i visitatori e interagendo con il resto della fauna marina, rappresentata da una moltitudine di volatili. Durante questo viaggio ho infatti ammirato moltissimi cigni e svariati plantigradi di ogni dimensione.
Un paio di note morfologiche: questo luogo è costituito dal lago Jökulsárlón, il quale offre una eccezionale vista della calotta glaciale, alta 910 m., e si riversa nella laguna portando con sè alcuni blocchi di ghiaccio più piccoli. Questi presentano una colorazione che vira dal bianco lattiginoso all’azzurro, sino al blu brillante, a seconda della quantità d’aria intrappolata nel ghiaccio.
Lasciato questo paradiso di ghiaccio (la temperatura era davvero polare) ci spostiamo verso Kirkyubæjarklaustur, un paesaggio lunare formatosi a seguito delle eruzioni vulcaniche ed attualmente ricoperto da uno strato di muschio tale che, nei punti in cui lo spessore è minore, presenta un manto con una consistenza che va dai 40 ai 60 cm.
Si tratta di una visita rapida in cui è previsto un passaggio, alquanto sconnesso, sulla roccia lavica, tuttavia imperdibile.
Lasciamo questa landa vulcanica per raggiungere la Black Sand Beach di Vík: incantevole! Fa freddissimo, le onde si infrangono violentemente sulla battigia, ma la bellezza del luogo è incomparabile grazie alla sabbia di origine vulcanica e un mare stupendo che si esibisce in tutta la sua potenza.
Oggi lampeggiava l’avviso gialloLa potenza dei marosi è impressionante
Scollinando, dopo Black Sand Beach, giungiamo alla Reynisfjara Black Sand Beach, anch’essa una spiaggia di sabbia nera, ma caratterizzata dalla presenza di onde anomale che si scagliano violentemente sulla battigia, tant’è che prima si scendere sul bagnasciuga è presente una segnaletica indicante il grado di pericolo (oggi era presente la luce gialla). Si narra che vi fu un pescatore che raccolse una pelle di sirena vicino alla grotta presente a lato della spiaggia e che l’uomo, inoltratosi nella caverna, incontrò una sirena nuda e tremante alla quale rese la pelle, la prese in sposa ed ebbero molti figli, sino al giorno in cui il richiamo del mare fu talmente forte che la sirena lasciò la famiglia; da tale momento il pescatore ebbe sempre delle pescate ricchissime e i figli raccolsero le conchiglie più belle, ma la sirena non tornò mai indietro.
L’ingresso della grotta della sirena
Ultima tappa della giornata è stata il sito di Sólheimasandur Plane Wreck, raggiunto grazie ad un mezzo 8×8, che altro non è che una spiaggia ove giace un DC117 americano, lì abbandonato nel 1973 a seguito di un atterraggio di emergenza dovuto ad un’avaria del velivolo che, fortunatamente, non ebbe conseguenze in termine di vite umane.
L’ultima giornata del nostro viaggio sarà particolarmente bella, tuttavia non garantisco di pubblicarla domani sera in quanto siamo rientrati tardissimo in hotel (capirete il perché appena vi racconterò tutto) e domani abbiamo il volo di ritorno, con il previsto arrivo a casa non prima delle tre del mattino dell’indomani.
Datemi due o tre giorni e vi porterò con me nell’incanto…
Oggi lasciamo la graziosissima camera mansardata che ci ha ospitati per la notte con un tempo bruttissimo, tra acqua a secchi, nubi bassissime e vento gelido, alla volta di una serie di tappe lungo il percorso verso la meta serale.
Sempre dalla nostra finestraUna delle colazioni più romantiche, con vista sul fiordo
Percorriamo la strada costiera che va da un fiordo all’altro, brulla, aspra, selvaggia, un incanto da togliere il fiato; come spesso capita in questo paese da sogno molti tratti sono di strada bianca ma la nostra gippetta si arrampica ovunque.
Riesco a cercare l’acqua anche in riva al mare di Norvegia
La prima fermata è alla spiaggia nera di Meleyri, a Breidalsvík, un’immensa distesa nera, cosparsa di alghe enormi, sulla quale i flutti si infrangono quasi a sfidarti ad avvicinarti… meravigliosa!
La Green Rock
Dopo un breve spostamento (siamo sempre tra i quindici e i trenta minuti) raggiungiamo la Green Rock, costituita da un blocco di lava solidificata che, nel suo tramutarsi in pietra, ha assunto una intensa colorazione verde a causa della presenza di clorite.
Qui si incontrano molte renne, sono adorabili! La foto è sgranata, ma anche questa è stata ingrandita per presentarvene una…
Arriviamo alla cascata di Fossardalur, un getto d’acqua che sposta dagli 8 ai 150 metri cubi di acqua, producendo una potenza, pari a 14 kw, che copre il fabbisogno energetico dell’intera valle.
Dopo una breve sosta a Djupivogur, più che altro per un pranzo al sacco velocissimo e sotto una pioggia torrenziale, ci spostiamo a Stapavik… lo spettacolo della giornata odierna! Vi lascio alle immagini perché la potenza del luogo è indescrivibile a parole…
Qui anche gridando le voci si perdono nel rombo del mare e nel sibilo del ventoLungo le pareti rocciose nidificano i gabbiani
A Höfn finalmente riusciamo a raggiungere un faro con la nostra gippetta, senza dover affrontare delle scarpinate lunghissime, il gelo e il vento sferzante sono indescrivibili, scendiamo dalla macchina tenendo salde le portiere per non scardinarle, ma lo spettacolo è affascinante e mozzafiato, dalla punta dello sperone del fiordo verso il mare sottostante.
Lo spettacolo dalla base del faro
Ancora pochi minuti di guida e siamo a Skútafoss, ancora una cascata, ancora una meraviglia della natura non intaccata dalla mano umana, semplicemente uno spettacolo da ammirare, un regalo per chi ha la bellezza nello sguardo.
L’ultima fermata la facciamo a Naustin I Papafirdi, nome particolare per un luogo di bellezza incomparabile… solo poesia!
È stata una giornata intrisa di bellezza, il maltempo non ha mai mollato la presa, ma quella costa, quei fiordi, quelle rocce nella poesia della nebbia, delle nubi basse, del vapore… è stato tutto un incanto, sembrava di stare in una favola, ho apprezzato tutto, fino all’ultima goccia di pioggia e all’ultimo alito di vento, mi sono sentita viva come non mai, solo noi e la potenza della natura!
Questa è nata come una giornata di mero spostamento tra due zone del paese, oltretutto con la prospettiva di macinare molti chilometri, tuttavia ci dispiaceva enormemente sprecare un giorno senza vedere qualche angolo di natura.
Alcuni dei salti d’acqua del Rjukand
Alla fine, lungo la strada, abbiamo avuto modo di fermarci ad ammirare una serie di cascate provenienti dal fiume Rjukand che, dividendosi in tre rami, genera dei salti d’acqua stupendi.
Il Moira Canyon
Di chilometri ne abbiamo macinati tanti e lo dico con cognizione di causa in quanto ieri era il mio turno di guida, del resto sono fortunata perché mi capitano sempre strade bianche e valichi montani densi di nebbia da tagliare con il coltello. Comunque sia ci siamo fermati per uno spuntino al Moira Canyon, una visita velocissima ma molto carina per ammirare la morfologia del territorio.
La chiesetta vichinga in torbaGli interniIl tetto
Ripartiti belli sazi ci siamo fermati presso questa bella chiesetta costruita integralmente in torba, come le casette del villaggio dei giorni scorsi: a seguito di uno scavo è stato rinvenuto un antico insediamento vichingo, del quale solo la chiesa era chiaramente identificabile, motivo per cui questa è stata ricostruita secondo la manualità vichinga, il resto dell’area è stato recintato al fine di offrire al visitatore un’idea d’insieme di come poteva essere organizzato un villaggio.
Arrivati al fiordo
Finalmente, dopo molto nervosismo da parte della pilota, dovuto al maltempo, alla visibilità nulla e alla stanchezza, abbiamo raggiunto il Rejdarfjördur, il fiordo meta della nostra giornata, immerso nelle nubi ma con il fascino che solo queste terre regalano.
Domani ci toccherà un ulteriore spostamento, molto più breve di quello odierno, ma ricco di tappe, pur con la consapevolezza che il maltempo ci accompagnerà sino a sera…
Domani vi farò compagnia con delle tappe di una bellezza selvaggia!