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Arte, storia ed architettura

Arte, storia ed architettura/ Viaggi

Rennes-le-Château e i misteri di Villa Bethania – giorno 16

Il castello, non visitabile

Oggi una piccola tappa densa di fascino e di mistero, ricca di simbolismo e che ha fatto sì che questo borgo abbia ispirato leggende gotiche e dicerie tra il sacro e il profano.

La villa Bethania è stata costruita nel villaggio di Rennes-le -Château tra il 1901 e il 1905 nella ex tenuta dell’abate Bérenger Saunière e intestata alla sua serva Marie Dénardau, ma il mistero legato alla cittadina iniziò il 6 novembre 1244, quando François Pierre d’Hautpoul, marchese di Blachefort e signore di Rennes-le-Château, fece testamento e in relazione ad esso si parlò di un segreto di stato. Oltre a ciò tra gli antenati del marchese vi era un membro dell’Ordine dei Templari, e ciò contribuì ad infittire il mistero. Nel 1781 il curato del borgo ricevette la confessione, in punto di morte della marchesa Marie de Nègri d’Ablès d’Hautpoul-Blanchefort, un segreto di famiglia che avrebbe dovuto essere tramandato, come del resto avvenne da un sacerdote del borgo all’altro.

La libreria della villa
La pavimentazione a scacchiera
Il particolare della piastrella rossa
La torre nera
La torre bianca
La sacrestia, luogo di incontri segreti

Quando l’abate François Bérenger Saunière, nel 1885, venne nominato parroco del paese, i misteri si infittirono in quanto egli ebbe accesso a grandi quantità di denaro, in merito alle quali egli non fornì mai alcuna spiegazione, facendo sì che nascesse la convinzione, avvalorata anche da ulteriori anomali comportamenti del parroco, che egli appartenesse al Priorato di Sion.

Le incisioni della pietra tombale di Marie de Nègre d’Ables sembrano un messaggio in codice

I misteri cui si fa cenno ancora oggi sono molteplici, tuttavia ve ne cito alcuni legati al simbolismo di cui il luogo abbonda: la villa presenta una pavimentazione a scacchiera, e su una piastrella un quarto della medesima è di colore diverso, facendo sì che venga indicato l’accesso alla torre, considerata la torre nera della scacchiera, posta in posizione prospiciente la torre bianca. Inoltre la torre nera sostiene una circonferenza merlata che presenta esattamente la configurazione del quadrante di un orologio, decorata da dodici merlature.

La chiesa di S.Maria Maddalena

La chiesa non è da meno: già alla sinistra dell’ingresso vi è la raffigurazione di Satana, sovrastato da quattro ulteriori sculture nell’atto di fare il segno della croce mentre, nel fondo della chiesa, all’ultima stazione, si nota come la sepoltura del Cristo abbia una anomala ambientazione notturna, quasi ad indurre il visitatore a non ritenere avvenuta la sepoltura e confermando la tesi secondo la quale Gesù Cristo non fosse morto in croce ma abbia sposato Maria Maddalena.

Il Satana all’ingresso
Sovrastata da quattro sculture nell’atto di fare il segno della croce
La deposizione notturna

Da ultimo, le iniziali dei santi raffigurati lungo le pareti, vanno a formare il termine GRAAL, alimentando ulteriormente il mistero del luogo e il credo secondo il quale dietro le ricchezze di Saunière ci fosse l’ombra del Vaticano.

Il cimitero adiacente alla chiesa non è visitabile dal 2004 a seguito delle troppe azioni vandaliche subite dai sepolcri.

L’accesso al cimitero

Insomma ce n’è da scrivere da un libro, comunque sia ho fornito un’infarinatura di una storia affascinante e che varrebbe la pena approfondire maggiormente perché la storia che si snoda nei secoli in questo borgo è ricca di avvenimenti e fitta di misteri.

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Castello di Montségur, non pensavo potessi farcela! – giorno 15

La stanchezza dopo la sfacchinata di ieri è immensa, tuttavia voglio darmi una possibilità, vista anche l’importanza del luogo, quindi mettiamo in moto e ci arrampichiamo sulla collina… scendo dal camper e la visione che ho del luogo da raggiungere è questa che vedete qui sotto!

Che mi sia venuto un colpo è scontato, ma caratterialmente non sopporto l’idea di rinunciare, quindi indosso le pedule, mi armo di bastoncini da trekking e inizio la salita, che grazie al cielo in parte si snoda lungo un bosco ombreggiato. In un’ora e un minuto esatta sono in cima! Una delle più grandi soddisfazioni di questo viaggio😀!

Almeno il sentiero è carino!

Il castello di Montségur sorge a 1200 m.di altezza e domina le vallate dell’Ariège, lungo la catena montuosa dei Pirenei, riveste un carattere simbolico della resistenza catara nei confronti dei Crociati. La rocca si struttura in tre fortificazioni sovrapposte: della prima, antecedente il 1204, non è sopravvissuto quasi nulla, mentre delle due rimanenti si riconoscono ancora i terrazzamenti del villaggio, una cisterna ed una sala con le finestre a feritoia. Ciò che vediamo oggi risale alla ricostruzione posta in essere dai nobili fedeli a re Luigi IX, che cedette loro il castello.

Il castello venne tenuto sotto assedio da seimila crociati e vi resistette per due anni, fino a cedere per fame, dopodiché il 16 marzo 1244, ai piedi del colle di Montségur, un enorme rogo bruciò le vite di decine di catari.

La stele a ricordo del rogo

Il maniero, come sopra citato, venne restaurato ad opera di Luigi IX ed utilizzato a difesa contro il Regno d’Aragona fino all’inizio del Cinquecento, per essere poi abbandonato.

E per oggi è tutto, la stanchezza incombe quindi il resto lo scopriremo domani!

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Al castello di Peyrepertuse tra lacrime e sudore! – giorno 14

Decisamente questa parte di vacanza non è proprio la mia idea di ferie, ma per quanto riesco cerco di seguire il programma, fatto sta che oggi è iniziata malissimo: durante i mesi estivi i camper non possono salire al parcheggio (semivuoto) del castello, ma rimanere ad un’ora di cammino dal medesimo. Quindi abbiamo iniziato la salita, ripidissima e sotto il consueto sole cocente, io comoda comoda con le Birkenstock dopo le bolle lasciatemi giorni fa dalle pedule, finché il genio (mio marito) ha avuto la splendida idea, da me osteggiata e da lui ovviamente ignorata, di prendere la classica scorciatoia nel bosco (mai vista una scorciatoia che non faccia faticare il doppio) che mi ha fatta arrivare alle lacrime grazie ad una salita quasi verticale sulla terra battuta (sempre con le Birkenstock ai piedi, ribadisco). Morale sono arrivata al castello già cotta, esausta, accaldata, assetata e parecchio incazzata, poi dalla cassa al castello mi sono nuovamente massacrata con l’ennesimo sentiero dissestato… alla mia gioia di incontrare finalmente l’agognato ingresso, il tempo di arrampicarmi ancora un po’ e mi si è aperta allo sguardo un’altra scalinata paurosa che portava alla seconda parte del maniero. Scontato precisare che mi è caduta la mandibola…

Ma al di là di questa giornata infernale, oramai che ci sono arrivata, vi fornisco qualche informazione più tecnica delle mie disperazioni giornaliere (ah, a proposito, a metà strada del ritorno, con un piede sanguinante e il ginocchio oramai disperso, mio marito ha infranto il divieto ed è venuto a raccattarmi con il camper… anche i pazzi hanno un cuore!).

La scala di S.Luigi

Il nome del castello deriva da “petra pertuse”, che in occitano significa pietra forata, a indicare la perfetta compenetrazione tra la struttura della roccaforte e la roccia; la fortezza si stende lungo uno sperone calcareo del massiccio delle Corbières, nel Dipartimento dell’Aude. La fortificazione è complessa, occupa un’area lunga circa 300 m.e larga 60 ed è costituita da un ampio bastione a pianta triangolare con, in basso, il vero e proprio castello feudale il cui accesso è difeso da un barbacane costituito da due torri circolari. All’interno del recinto principale vi sono i magazzini e le latrine, a strapiombo sulle rocce, mentre il cammino di ronda è ancora visibile, formato da lastroni di pietra posati su supporti sporgenti. A corredo del tutto vi sono il “donjon” e la cappella dedicata a Santa Maria, datata 1115. La parte alta, cui si accede per il tramite della ripida scala di S.Luigi, è costituita dal Castello di Saint-Jordi, eretto 60 m.più in alto rispetto al primo incontrato, accessibile solo per il tramite di suddetta scalinata… la fatica è tanta ma dalla cinta muraria e dal mastio centrale si gode di una vista mozzafiato sui Pirenei! La fortezza fu eretta nel periodo in cui la Languedoc venne unita alla corona di Francia e il possesso del maniero passò dai conti catalani di Besalù ai conti di Barcellona e da qui al vescovo di Narbonne. All’epoca della crociata contro i Catari essa era formata unicamente da un villaggio fortificato, poi nel 1240 esso passò alla Corona di Francia per poi, nel 1251, vedersi aggiungere il mastio e la Cappella di S.Giorgio. Dopo vari restauri, con il trattato di Corbeil del 1258, Peyrepertuse divenne una delle fortezze reali francesi poste a difesa dei confini con il Regno di Aragona, per poi perdere importanza strategica con il trattato dei Pirenei del 1659 ed essere definitamente abbandonata durante la Rivoluzione Francese del 1820. Dal 1950 sono iniziati gli interventi di restauro che ce l’hanno portata all’aspetto attuale.

Vista del maniero dal punto più elevato con, sullo sfondo, la catena dei Pirenei

Diciamo che alla fine ne è valsa la pena… lo rifarei? No, questo no, ho apprezzato una porzione di storia non da poco, ma la fatica (soprattutto a causa della mancanza di collegamento dal parcheggio camper alla cassa) è stata insostenibile, specie sotto il sole cocente che ci sta accompagnando fino alle dieci della sera…

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Da un castello all’altro – giorno 13

Ieri sera, dopo la scarpinata ai castelli di Lastours, ci siamo fermati in un’area pic-nic bellissima, dove abbiamo cenato e ci siamo apprestati a trascorrere la notte, tuttavia c’eravamo solo noi ed un altro camper strano, con un aspetto che ci inquietava… sarà che abbiamo letto troppi noir, ma alla fine siamo scesi dal letto, ci siamo rivestiti e ci siamo spostati in paese, trascorrendo la notte in un’area sterrata.

Il castello circondato dagli ulivi, dal sole e dal frinire delle cicale

Dopo una notte tranquilla e rigenerante abbiamo iniziato la prima salita della giornata, alla volta del castello di Aguilar, sotto un caldo becco: oramai il ginocchio nemmeno ci prova più a farmi male perché a forza di fatiche ci ha rinunciato 🤣! Il castello si innalza come una corona a 320 m.di altezza, su una collina circondata da magnifici vigneti, da rose selvatiche, ginestre e cespugli di rosmarino; siamo sempre nell’Aude e il nome Aguilar deriva dal latino “aquila”, nome che risale al 1020 e che tale è rimasto nonostante i numerosi passaggi di proprietà dell’immobile, finendo, quale ultimo possesso, come rifugio per i signori “faidits”, ossia espropriati dei propri possedimenti, e per i seguaci del Catarismo. Il castello ovviamente è diroccato, ma tutto sommato lascia ancora immaginare la sua struttura originale, tipica delle costruzioni militari del XII secolo, con un corpo centrale su due piani circondato da una muraglia esagonale, completa di sei torrioni semicircolari e dalla quale si apre una bellissima vista sulla zona di Tuchan e delle Corbières.

Dopo un pranzo veloce cucinato in camper abbiamo affrontato la seconda salita della giornata sino al castello di Quéribus, fatica di non poco conto sotto il sole cocente del primo pomeriggio senza alcuna zona d’ombra, solo una pietraia infuocata, ma la meta è risultata davvero meritevole di interesse. Il castello sorge su uno sperone di roccia, a 728 m.di altezza, in posizione di dominio rispetto al passo de Grau de Maury, alla piana del Roussillon, alla rocca de Peypertuse e al mare di Perpignan. È il più piccolo dei castelli catari e la sua conformazione a nido d’aquila lo rende affascinante: una struttura complessa incastonata in un luogo impervio e tormentato da un vento incessante e violentissimo. Le fortificazioni sopravvissute sono suddivise su tre livelli, in parte del XIII e in parte del XVI secolo, con due cortine di protezione ed una cisterna per l’acqua piovana, unica fonte idrica; al terzo livello un magnifico “donjon” poligonale con mura spesse quasi 4 m.al cui interno troviamo la Cappella di Saint-Louis, una grande sala in gotico primitivo con slanciate volte ogivali sorrette da un pilastro centrale e il tutto illuminato da un’unica finestra esafora. Anche Quéribus ha ricevuto vari rimaneggiamenti nel corso della storia, che ha permesso di farne uno dei castelli catari meglio conservati.

Il panorama mozzafiato
Il donjon

Questa sera ci godiamo un meritato riposo in un’area di sosta sottostante il prossimo castello, quindi ci risentiamo domani per saperne di più!

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Tra castelli ed abbazie – giorno 12

Questa mattina abbiamo lasciato Carcassonne alla volta di quattro castelli, insomma dei resti di quattro castelli, tutto sommato ancora visitabili ma situati sul cucuzzolo di una collina, quindi dopo mille ripensamenti (miei) abbiamo indossato le pedule e, armati di bastoncini da montagna, siamo partiti… due ore (due!!!) di scarpinata sotto un sole cocente senza una chiazza d’ombra! Nel mentre salivamo ho insultato mio marito, mi sono imbufalita come una iena, ho sbuffato come un toro, mi sono chiesta se queste fossero ferie, fino ad arrivare al primo castello, poi al secondo, addirittura al terzo e… udite udite… anche al quarto!

Ve la faccio breve perché non amo i ruderi e detesto sfacchinare sotto il sole, quindi, riassumendo: i resti appartenevano ai castelli di Cabaret, Surdespine, Tour Régine e Quertiheux, tutti associati alla guerra dei Catari.

Il gazpacho con melone, meritato premio offertomi da mio marito dopo la raffica di insulti 🤣

Il bello è venuto dopo con la visita alla Abbazia di Fontfroide, sorta nel 1093 e legata all’ordine cistercense dal 1145; essa nel corso degli anni, grazie alle donazioni, si estende sino a coprire 30000 ettari, ma la peste nera, che colpirà Narbonne dal febbraio 1348, ucciderà quasi l’intera comunità.

Il pozzo cui deve il nome l’abbazia, nota per fornire sempre acqua freddissima
Il chiostro
Un particolare dell’interno della chiesa

Oggi rimane una meravigliosa abbazia circondata da giardini di piante officinali e di rose, con cespugli di lavanda ovunque a profumare l’aria bollente spazzata da un vento caldissimo e allietata dal frinire costante delle cicale.

Rose centenarie
La lavanda, presente in ogni angolo del giardino
La lavanda alba, bianchissima e dal profumo intensissimo

Noi ci risentiamo domani sera, non so ancora il programma esatto che mi aspetta, certo è che oramai siamo veramente “on the road” e temo che i castelli in programma saranno faticosi da raggiungere….

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Carcassonne, una tappa imperdibile! – giorno 11

Ieri sera siamo arrivati a Carcassonne e per la notte abbiamo scelto un’area di sosta, necessaria in quanto avevamo bisogno di acqua e, cosa non da poco, di poter dormire in sicurezza con tutte le finestre aperte, visto il caldo irrespirabile di questi giorni.
Carcassonne è il capoluogo del dipartimento Aude, storica città fortificata della Linguadoca e divisa in due parti dal fiume Aude, ma a noi oggi interessa la città alta, quella circondata da mura fortificate tale da sembrare un enorme castello.

La città venne fondata dai Romani con il nome di Colonia Julia Carcasso, invasa dai Visigoti prima e dai Saraceni poi, per cadere sotto la dominazione franca e vale assolutamente la pena di essere visitata. La Citè è la città alta, uno dei più importanti esempi in Europa di città medievale fortificata, chiusa da una doppia cinta muraria, difesa da 52 torri e al cui interno sono visitabili il castello e la chiesa di St-Nazaire.

Tra i due giri di cinta si apre un largo spazio, le Lices, percorribile a piedi per poter ammirare la sovrastante costruzione in tutta la sua bellezza e dal quale entrare in città per il tramite della bellissima porta Narbonnaise: da qui si dipartono delle bellissime stradine acciottolate, ricche di piccole botteghe e localini e, poco più in alto, troviamo l’accesso allo Château Comtal.

Il cammino di ronda
L’accesso al castello
La porta Narbonnaise
Il cammino tra le due cinte murarie

Gli interni sono spogli ma molto belli ed è dalla visita al castello che possiamo percorrere tutto il cammino di ronda, bellissimo e dal quale si apre uno spettacolare panorama della zona limitrofa e della Cathédrale de St-Nazaire, un misto di architettura severa e di strutture in gotico maturo; le vetrate e i rosoni sono spettacolari, l’interno ospita il bassorilievo raffigurante l’assedio di Tolosa del 1218 e la pietra tombale murata di Simone di Montfort.

Una sala del castello
La cattedrale
Gli interni
Le stradine del centro storico

Questa sera rimaniamo a Carcassonne per la notte, siamo stanchi ed accaldati, ma domani rimetteremo in moto il nostro Chewbecca e via per la prossima avventura!

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Cahors, lungo le sponde del Lot – giorno 10

Ieri sera siamo approdati a Cahors, tranquilla cittadina del Midi-Pyrénées, che sorge in una stretta ansa del Lot, fiume che si snoda silenziosamente ospitando piccoli battelli e kayak e che permette la crescita di una folta vegetazione.

Il muro della città

La città non offre poi granché e, a parte la cattedrale di St-Étienne e il Pont Valentré, non appare nemmeno molto curata, tanto più che risulta essere fuori dalle comuni rotte turistiche, tuttavia è innegabile che avrebbe molte potenzialità.

Le vie della città, tristi e desolate

La cattedrale sorge al centro della città vecchia, venne eretta tra il 1090 e il 1125, nonostante le successive integrazioni strutturali, tant’è che presenta una parte absidale gotica, il portale romanico e il chiostro gotico-fiammeggiante.

Il chiostro

Il ponte, gettato sul Lot, presenta una magnifica struttura fortificata trecentesca poggiata su sei arcate gotiche, difeso alle estremità e al centro da tre torri merlate. Essendo un rilevante punto di riferimento per i pellegrini sulla via di Santiago de Compostela, l’UNESCO lo ha inserito nella Lista del Patrimonio dell’Umanità.

Il ponte circondato dai vitigni
Lungo il fiume
Simbolo del cammino verso Santiago de Compostela

Cahors è la città natale di Jacques Duèze, futuro papa Giovanni XXII e di Leon Gambetta, statista di metà dell’800 e personaggio di spicco della Terza Repubblica, inoltre nel periodo della cattività avignonese fu investita di alcuni benefici da parte del sopra citato papa. Nel 1331 vi fu istituita l’Università di Cahors, fusasi nel 1751 con quella di Tolosa.

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Ancora in Occitania… Rocamadour – giorno 9

Dopo la giornata di ieri che mi aveva lasciata sfiancata e con il ginocchio quasi fuori uso, questa notte l’ho trascorsa quasi completamente insonne a causa del dolore, nonostante abbia preso subito un antinfiammatorio.
Stamattina, grazie anche alla strada fino a Rocamadour, sono riuscita a rimettermi un po’ in piedi, pur se zoppicante, e ho affrontato una piacevolissima visita, anche grazie alla presenza di due ascensori che accompagnano i turisti dal parcheggio, presso il castello, alla chiesa e da questa al centro cittadino, racchiuso tra le mura come un gioiello.

Il castello
Parte del cammino di ronda del castello
I giardini del castello

La città medievale è circondata da mura intervallate da una serie di porte fortificate, sovrastata da una scalinata monumentale, all’epoca percorsa in ginocchio dai pellegrini, che conduce al santuario comprensivo della basilica di St-Sauveur, della cripta di St-Amadour (classificato Patrimonio Mondiale dell’Umanità), delle cappelle di St-Anne, St-Blaise, St-Jean Baptiste, Notre-Dame e St-Michel. In sostanza si tratta di un unico complesso conservato perfettamente, assolutamente curato e del quale personalmente consiglio la visita. Oltretutto è interamente visitabile, contrariamente al castello, dal quale però si gode di un’ottima vista aerea sul santuario.

Per amore di precisione, nonostante non abbia carpito granché informazioni storiche in merito, tra i pellegrini illustri che hanno visitato questo santuario, ricordiamo Roland de Roncevaux, Saint Dominique, S.Antonio da Padova, Jacques Cartier, Henri Il Planageneto e Bianca di Castiglia.

Vista del santuario dal castello
Il santuario
Il santuario
Il santuario
Il santuario

La cittadina si compone di un unico viale, lastricato in pietra e ricco di negozi e locali, decisamente carina, da godersela passeggiando o sostando su una panchina, all’ombra di un albero gustando un panino o un granita.

Sono rientrata in camper abbastanza sofferente a causa dell’infiammazione, ma soddisfatta al 100%! Se ne avete la possibilità andateci e non ve ne pentirete!

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Albi, la città rossa – giorno 8

Dopo una ventosissima notte a Minerve, e non esagero perché il camper risentiva degli spostamenti d’aria costringendoci a chiudere gli oblò per non rischiare danni, siamo partiti alla volta di Albi, percorrendo delle assurde strade collinari nonostante i nostri quasi sette metri di lunghezza. Ci abbiamo messo un bel po’, ma il peggio è stato arrivare e trovare l’unica area di sosta chiusa a causa di un concerto, senza possibilità alcuna di trovare un’alternativa; alla fine abbiamo parcheggiato quasi in centro, mangiato una paella (surgelata) al volo e ci siamo recati in centro per il tramite del ponte che attraversa il fiume Tarn.
Alla vista della città siamo stati ripagati dei disagi perché ci ha accolti un panorama mozzafiato… guardate le foto e poi proseguo perché non servono parole!

Ciò che a prima vista contraddistingue Albi è proprio l’aspetto cromatico, rosato ed omogeneo, che colora l’intera città, grazie al “brique albegeoise”, mattone di argilla estratto dal letto del Tarn (insomma proprio a chilometro zero!).
Ciò che però rileva, dal punto di vista storico, è che il movimento cataro, fiorito tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo, ebbe ad Albi, allora città ricca e potente, uno dei principali centri di diffusione, tant’è che la guerra che si concluse con lo sterminio degli eretici prese proprio il nome di Crociata degli albigesi.

Oltre a quanto riportato sopra, Albi ed anche la città natale del pittore Henri Toulouse-Lautrec, che vi nacque nel 1864 e del quale ancora si conserva la casa.

L’edificio che per primo salta all’occhio per maestosità e meraviglia pura, è la Cathédrale de Ste-Cécile, che sorge sul punto più elevato dello sperone di roccia che domina il Tarn: spicca per la poderosa costruzione in mattoni rossi, che ne conferisce maestosità e semplicità, nonostante l’incredibile portale finemente intagliato e dalle linee gotiche, così come l’interno, la cui ricchezza ed eleganza si contrappone alla severità esterna. La sua maestosità (ben 97 m. di lunghezza, 30 di altezza e 19 di larghezza) simboleggiano l’esaltazione della vittoria cattolica sui catari, a monito della minacciosa forza della chiesa romana, tant’è che l’aspetto ricorda molto quello di una fortezza. Lo stesso campanile, alto 78 m., ha più l’aspetto di una torre che non di un’architettura ecclesiastica.

Gli altissimi soffitti splendidamente decorati, dei quali ancora si possono ammirare i vividi colori originali
Il più grande organo dei Francia che sovrasta un bellissimo dipinto del Giudizio Universale
Il coro, interamente intagliato in locale pietra calcarea

Successivamente facciamo anche una capatina alla chiesa di St-Salvi, al cui interno si apre un chiostro ricco di erbe aromatiche ed officinali… non so voi, ma io ho una passione per i chiostri, così ombreggiati, ricchi di pace e di silenzio e sempre fioriti.

Dopo la visita abbiamo raggiunto un’area di sosta in un piccolo paese poco distante da Albi, dopo averla girata tutta perché vi assicuro trattasi di una città veramente bellissima, ricca di strade curate e fiorite… oggi il ginocchio mi ha dato molto filo da torcere quindi va bene così, ne ho goduto la bellezza ma ora ho bisogno di riposare.

Io vi aspetto domani per un altro giro insieme!

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Minerve, un gioiello nel cuore dell’Aude – giorno 7

Stamattina la sveglia ci ha dato il via abbastanza presto, inizialmente con direzione Puisserguier, con quel che resta del suo castello, per poi proseguire verso Minerve, sulla quale intendo focalizzarmi con questo post.

Minerve è un piccolo villaggio che sorge su una roccia, come un’isola continentale circondata dai canyon dei due fiumi che qui convergono: il Cesse e il Brian. Al di là della splendida collocazione essa deve la propria fama alla tragica storia che la rende una meta degna di visita: proprio qui venne innalzato il primo rogo della crociata degli albigesi, ove più di centocinquanta catari si lanciarono spontaneamente nelle fiamme pur di non abiurare la propria fede.

Il borgo si stende lungo la roccia che lo ospita, integralmente strutturato in pietra, estremamente curato e ricco di fiori, una chicca per gli occhi! È una visita non particolarmente faticosa nonostante il continuo saliscendi che contraddistingue le strade da percorrere, che permette di ammirare le innumerevoli botteghe artigiane che vi sorgono e che deliziano il turista. Anche qui, come già notato ieri a Béziers, le insegne delle strade sono bilingui, riportando anche la denominazione spagnola, cultura molto sentita in questa parte della Francia.

La sera rimaniamo a dormire qui, sulla cima di una collina adibita ad area camper, unici ospiti, deliziandoci del vento costante che ci regala finalmente un po’ di benessere e che promette una notte di sonno tranquillo.

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