Arte, storia ed architettura/ Viaggi

L’abbandono di un’ipotesi

Siamo a Schio, bella cittadina del vicentino, scelta in quanto dotata di un’area camper completa dei servizi di cui necessitiamo, oltretutto sembra offrire anche qualcosa di carino da visitare. Vi arriviamo con il cielo ancora gonfio di pioggia, tuttavia nel primo pomeriggio le nubi iniziano a diradarsi lasciando trapelare un raggio di sole, quindi decidiamo che vale una visita.

Ingresso del vecchio stabilimento Lanerossi

La cittadina è intimamente legata alla famiglia Rossi e al famoso lanificio, soprattutto perché il suo fondatore, Francesco Rossi, come spesso accadeva in passato, aveva a cuore i propri dipendenti al punto di realizzare davanti allo stabilimento un parco dove potersi svagare (Giardino e Teatro Jacquard), nonché un asilo per i figli dei dipendenti, non molto distante dal luogo di lavoro.

Inoltre lo stabilimento constava di cinque piani, ognuno dedicato ad una diversa fase di lavorazione della lana, mentre il sottotetto era dedicato al rammendo, tutti dotati di riscaldamento, finestre idonee all’ingresso della luce e servizi igienici, cosa non scontata per l’epoca.

Giardino e Teatro Jacquard (tutto chiuso)

Inoltre lungo le principali strade del centro si snodano varie tappe, segnate da palette descrittive, che consentono al turista di apprendere la storia di ciò che si accinge a visitare. Insomma c’è tanto materiale da sfruttare per rendere Schio un centro di interesse storico, culturale e di archeologia industriale… ma… ed ecco il perché del titolo di questo post… molti edifici sono abbandonati al degrado più totale, alla sporcizia, alla muffa (non li ho nemmeno fotografati, la sporcizia era rivoltante), mentre altri nonché alcune chiese, reputati bellissimi, sono chiusi, sigillati, transennati, senza alcun avviso atto a fornire una spiegazione, una auspicabile data di apertura, nulla se non l’inesorabile senso di abbandono.

L’asilo per i figli dei dipendenti

È valsa comunque la visita grazie all’esposizione, almeno questa in perfetto stato, delle turbine utilizzate a livello industriale grazie alla presenza dell’acqua, facendo ben comprendere quale importanza essa abbia rivestito per lo sviluppo manifatturiero.

Il castello
Ovviamente chiuso e in totale stato di abbandono
La chiesa della Sacra Famiglia, dedicata a Santa Giuseppina Bakhita, religiosa sudanese fuggita dalla schiavitù e riavuta la libertà a Venezia (tenuta molto bene e particolare in quanto distante dai comuni canoni estetici cattolici)
Vetrata dedicata a Santa Giuseppina Bakhita, chiamata Suor Moretta, visibile nella chiesa di San Giacomo
Chiesa di San Francesco, chiusa e in stato di abbandono nonostante sia ritenuta meritevole di visita
Il duomo, maestoso, immenso… e chiuso, barricato completamente da una cancellata
Le vie del centro, molto carino nonostante i troppi negozi sfitti che mettono sempre un podi malinconia
Finiamo con le turbine, almeno queste tenute benissimo!
Corso d’acqua a lato delle turbine, dove la potenza dell’acqua veniva trasformata in energia elettrica
Uno dei macchinari esposti nelle tre sale visitabili

Oramai ci avviciniamo a casa, domani saremo sulla via del ritorno, ma conto di sfruttare ancora qualche ora per conoscere ancora qualche angolino di questa bella terra… ci rivediamo domani sera!


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