
Oggi parliamo virtualmente (tutti davanti ad una tazza di tè e a dei pasticcini, al caldo del camino) di un romanzo che ho divorato, ambientato nell’Inghilterra vittoriana di David Copperfield, incentrato sulla resilienza e sulla forza delle donne, ed ispirato ad una struttura realmente esistita.
La fondatrice di Urania Cottage è Angela Burdett-Coutts, una ricca ereditiera costantemente perseguitata da Richard Dunn, un uomo assolutamente non in grado di accettare un rifiuto, oltretutto oltraggioso per l’epoca, e che appare quale una presenza costante lungo l’intera narrazione; Martha e Josephine, nonostante le passate vicende personali, cercano di costruirsi una vita dignitosa intrecciando le loro vite in tutto il romanzo e costituendone quindi delle colonne portanti. A vigilare sull’intera vita del cottage incontriamo la figura di Mrs Holdsworth, una diligente ed instancabile vedova che ricopre il ruolo di direttrice ma che, sotto una corazza di integerrima correttezza, nasconde i proprio dolori e le proprie debolezze.
Tutte le ragazze che passano dal cottage sono accompagnate da un passato pesante e complicato e il loro ingresso nella struttura viene offerto quale possibilità di redenzione: la prima ad entrarvi sarà proprio Martha, la quale sogna l’Australia ma non prima di aver ritrovato la sorella minore Emily, della quale da tempo non ha più alcuna notizia, portandoci quindi un’altra figura la cui vita andrà ad intrecciarsi a quelle della altre protagoniste , tutte al femminile.
La vita al cottage risulta essere molto ritirata, al punto da pretendere un reale isolamento da parte delle ospiti, le quali hanno davanti a sè delle giornate scandite dalle attività quotidiane e da istruzioni ben definite, con la precisa regola di non condividere mai e con nessuno le motivazioni che le hanno portate alla struttura, al fine di poter ricominciare lasciandosi tutto alle spalle.
E ora veniamo all’aspetto storico che ha ispirato il romanzo: nel novembre del 1847, a Londra, Charles Dickens inaugura Urania Cottage, una “Home for Homeless Women”, quindi una sorta di rifugio che riveste anche una funzione di esperimento sociale, una dei cui membri del comitato è realmente la Angela Burdett-Coutts del romanzo. Le attività precipue della struttura sono indirizzate al recupero delle giovani donne della classe operaia che, pur uscite da istituti penali, risultano essere meritevoli di un’altra possibilità, motivo per il quale viene loro impartito un insegnamento di base ed educate alle arti domestiche, in maniera tale da consentire loro una futura occupazione, un matrimonio oppure un espatrio presso le terre coloniali. Tale realtà salvò molte donne, personalmente selezionate da Dickens, da una vita di violenze, di miseria e di prostituzione, fornendo quindi al lettore una chiara visione di quella che poteva essere la vita di una donna nel periodo vittoriano, spesso osannato nelle ambientazioni di molti testi ma spesso pericoloso per le donne che non avevano alle spalle un sufficiente background familiare.
Il romanzo è bellissimo, scorre alla velocità della luce, lo si divora in breve tempo e, nel mentre si gode della narrazione, si approfondisce uno spaccato storico realmente esistito e che, almeno per quanto mi riguarda, mi ha sempre affascinata (sarà l’amore che ho sempre provato per le opere di Dickens…).