Letture

“Triologia della città di K.” di Agota Kristof

È passato un bel po’ da quando ho terminato questo libro eppure non ho scritto nulla in merito nell’immediato perché dovevo capire da che parte iniziare a parlarvi di un libro stranissimo in cui tutto è il contrario di tutto.

Il volume si compone di tre parti: “Il grande quaderno “, “La prova” e “La terza menzogna “, che vennero pubblicate separatamente tra il 1986 e il 1991 e solo successivamente riunite nel 1998. Il romanzo si articola sulla vita di due ragazzini, due gemelli di nome Lucas e Claus/Klaus (anagramma di Lucas), abbandonati dalla madre alle cure della nonna in un periodo di conflitti bellici e in una città mai definita, nonostante si rinvengano delle tracce riconducibili all’Ungheria nel periodo tra il secondo conflitto mondiale e l’invasione russa.

Nella prima parte i due fratelli si trovano a vivere in un piccolo villaggio di frontiera assieme alla nonna, una vecchia spilorcia ed astiosa che li trascura crescendoli nella sporcizia e nella miseria più assoluta, tuttavia i ragazzini dimostrano non solo un’intelligenza sopra la media, ma anche una spietatezza nel,perseguire i propri obiettivi che spiazza il lettore. In questo primo volume i loro nomi non vengono mai rivelati e vivono in simbiosi, non esiste l’uno senza l’altro e annotano tutto il loro vissuto in un quaderno, accettando l’ineluttabilità della situazione e cercando di sopravvivervi in totale autonomia.

Alla fine della prima parte uno dei gemelli varca la frontiera e scompare nel nulla per lunghi anni, lasciando il fratello a curare i possedimenti della nonna soffrendo in maniera indicibile per l’assenza del gemello; con lentezza assistiamo alla sua ripresa, anche grazie all’improvviso arrivo, nella sua vita, di Yasmine, una ragazza rimasta incinta da un rapporto incestuoso con il padre e che dà alla luce Mathias, un bimbo menomato ma di indiscutibile intelligenza. Il rapporto con Mathias si intensifica a tal punto che, quando Yasmine lascia la casa che l’ha accolta, le viene imposto di andarsene senza il figlio.

In questo secondo libro si accenna talmente poco al secondo gemello che ci si chiede se egli sia mai esistito o se sia solo un frutto di fantasia, ma nel terzo libro appare Claus/Klaus, il fratello andato in città dopo aver passato la frontiera, e viene fornita una realtà totalmente diversa da quella descritta nel primo libro, caratterizzata da una famiglia comune, da tradimenti e gelosie che ne danneggiano l’unità, da un incidente che segnerà per sempre le loro vite, si parla di una madre depredata della ragione e degli psicofarmaci che le vengono somministrati per sconfiggere il fantasma dell’altro figlio creduto morto.

Il primo romanzo è permeato di magia del rapporto infantile tra i due fratelli, tuttavia ciò svanisce nei libri seguenti per dare spazio ai disagi personali dell’uomo moderno, della sua meschinità e della piccolezza che lo contraddistingue.

Il libro è molto bello, scorrevole, asettico nelle peggiori descrizioni, emblematico in un periodo in cui senza la propria “telesciagura” non si è nessuno, eppure in questo romanzo i protagonisti ci insegnano a vivere “nonostante tutto”, nella completa accettazione dell’ineluttabile.

Vi lascio, come di consueto, il link (affiliato Amazon) del libro: Trilogia della città di K.

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