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Etniche

Antipasti e stuzzichini/ Etniche

Inarisushi, lo street food d’Oriente

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Nel “pacco delle mille meraviglie” che mi è stato donato dal mio cugino nippo-svizzero c’era anche una strana busta che stentavo a provare: ci ho messo qualche mese, approfittando del fatto che si trattava di una preparazione impacchettata sottovuoto e che quindi mi concedeva qualche dilazione temporale…. alla fine l’ho chiamato e gli ho chiesto aiuto perchè proprio non ricordavo cosa dovessi farne (le istruzioni c’erano, ma espresse con gli ideogrammi… 🙁 )!

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Nel mentre facevo ricerche sulla preparazione ho scoperto che si chiamano Inarisushi e che non sono altro che delle “taschine” di tofu fritto in cui va inserito il riso, trattato alla stessa maniera utilizzata per la preparazione del sushi, ossia risciacquato ripetutamente per fargli perdere l’amido, bollito e condito con dell’aceto di riso; per arrivare a realizzare queste strisce di tofu, lo stesso va fritto più volte per farlo arrivare ad una temperatura elevata e ottenendo un prodotto chiamato “aburaage”.

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Vi sono delle varianti anche per questo piatto: abbiamo il Fukusa-zushi (帛紗寿司) e il Chakin-zushi (茶巾寿司), che ricordano di più una omelette, anche se, in tutta onestà, non so bene quale sia la variante che ho messo in tavola, so solo che fortunatamente ho aperto la busta e ho trovato le tasche di tofu pronte, bastava staccarle e aprirle con molta cautela (operazione difficoltosa perchè tendono a rompersi) e riempirle di riso, poi condire con il sugo già pronto, a base di soia e molto d0lce.

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Non serve far altro perchè il calore del riso appena bollito sarà sufficiente a riscaldare il tofu e il sugo: è un piatto dal sapore strano, dolce e gradevolissimo, quasi uno spuntino o un antipasto, molto leggero e perfetto se l’appetito è scarso… chiaramente prepararlo da sè in casa mi sembra impraticabile se non siete degli esperti in cucina orientale, ma se lo trovate in qualche negozietto etnico non lasciatevelo scappare, è una delizia!!!

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Dall’immagine della confezione si nota quale sarebbe la presentazione perfetta…ma vi giuro che non vi sono proprio riuscita, erano scivolosi e fragilissimi…..

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Etniche

Voglia d’Oriente con un riso quasi cantonese

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Non c’è nulla da fare, non ci sono cure… ogni tanto mi prende una voglia irrefrenabile di cibo orientale, ci vado matta, devo avere qualche alterazione nel Dna che mi porta a sbavare davanti ad un rotolino di sushi, a perdermi un una zuppa di alga nori, a chiudere gli occhi con aria sognante davanti ad un gamberone al vapore, ma questa volta proprio non c’era nulla di “cinesizzabile” in dispensa, a parte l’onnipresente salsa di soia dolce, che in casa mia non manca mai!

Ho lessato del riso in acqua rigorosamente priva di sale e, nel frattempo, ho cotto al vapore un pezzetto di speck a dadini, quattro mini wuerstel tagliati a cubetti e quattro foglie di verza tagliate a listarelle, andando anche un po’ ad occhio, mentre in un altro contenitore cuocevo al vapore due uova leggermente sbattute con un pizzico di sale.

Al termine di questa (complicatissima 🙂 ) procedura mi sono limitata a dare un colpo di lama (del mixer, del Bimby, del frullatore…vedete voi) alla frittata e a mescolare il tutto con il riso e con la salsa di soia…. buono, buono davvero, anche se non era certamente un riso cantonese molto ortodosso, ma ogni tanto bisogna far lavorare la fantasia e accontentarsi!

Ingredienti:

200 g. di riso basmati

un pezzetto di speck o pancetta affumicata

quattri piccoli wuerstel (o prosciutto cotto a dadini)

quattro foglie (esterne, nel mio caso) di verza

2 uova

un pizzico di sale

salsa di soia q.b.

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Etniche

Vermont curry soup

2013-08-02 19.06.38Lei viene a trovarmi sempre ad agosto e mi ritrova rintronata dal caldo e dall’afa, eppure sembra essere sempre fresca e a proprio agio, sarà che è nata e vissuta in Cina… chissà come riesce a sostenere il rigido clima svizzero in cui vive….

Ci siamo annusate timidamente la volta scorsa, in difficoltà con la lingua, lei che comunicando in giapponese si faceva tradurre in italiano i propri discorsi perchè nessuno di noi conosce il cinese… invece quest’anno è stato più semplice perchè ha studiato il tedesco, lo ha imparato con una velocità incredibile e siamo riuscite a parlarci, anche se lei parla con gli occhi e con il cuore, impossibile non comprenderla.

E’ sempre carina, rispettosa, timida e gentile ed ha varcato la soglia di casa mia con un sacco pieno di favolosi ingredienti della sua terra, spiegandomi come utilizzarli al meglio e, tra questi, c’era “lui”, un favoloso Vermont curry… profumatissimo e a base di frutta (banana e mela), di cacao e di miele, di formaggi tra cui lo cheddar e il gouda, di latte e di polvere di arachidi… un tripudio di aromi!

Mi ha vista un po’ confusa sull’utilizzo del curry e, dopo un paio di giorni, è ritornata nella mia cucina armata di carne e di verdure e ha cucinato con me, ha cucinato per me….

Ho seguito ogni movimento delle bellissime mani di Wang Fang mentre sminuzzava una braciola di carne di maiale, mentre tagliava le patate, la cipolla e le carote, mentre le faceva saltare nell’olio di oliva finchè non divenivano dorate, per poi aggiungere un pizzico di sale, dell’acqua sino a ricoprire il tutto e lasciar bollire a fuoco vivace per venti minuti, sempre rimescolando affinchè non attacchi.

Successivamente ha abbassato il fuoco a fiamma media, ha coperto e lasciato cuocere per ulteriori venti minuti, controllando che la carne intenerisse; trascorso il tempo necessario ha aggiunto alla zuppa una confezione di Vermont curry da 250 g. (la dose è per 12 persone), ha mescolato e ha prolungato la cottura, a fuoco bassissimo, per ulteriori venti minuti.

La zuppa è rimasta a riposo sino all’indomani perchè deve insaporire e, volendo, è possibile aggiungervi anche del peperoncino (abbiamo usato un curry medium hot e già pizzicava….): il giorno seguente era magnificamente densa e profumatissima ed è stata servita con del riso basmati cotto senza sale, appena riscaldata, nonostante possa garantirvi che anche fredda è squisita!

Sei ritornata oggi a casa, ma mi mancherai dolce cugina Wang Fang!

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Ingredienti per una pentola grande (circa 12 porzioni):

1 braciola di maiale di media pezzatura (max 500 g.)

4 cipolle di media grandezza (800 g.)

2-3 patate (600 g.)

1 carota grossa (200 g.)

acqua sino a coprire il tutto (1400 ml.)

olio evo

pochissimo sale

1 confezione di Vermont curry da 250 g.

eventualmente del peperoncino

riso q.b. (io ho usato il basmati)

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Etniche/ Pizze e pane

Mantou… amore per l’Oriente!

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Questi sofficissimi panini pallidi  delicati sono tra le mie memorie di lontane cene in un adorabile ristorantino cinese dove andavo con il moroso che avevo all’epoca (in realtà poi me lo sono pure sposato… e per festeggiare il ristorante ha chiuso…): ho ricordo di molti piatti deliziosi, ma questi panini mi erano veramente rimasti come un chiodo fisso, eppure mi sembravano talmente difficili da realizzare che mai ho cercato la ricetta.

Poi, pochi giorni fa, apro il blog di Martina e trovo la ricetta: me la leggo e… toh… sono semplicissimi!!! Oggi ho avuto un bel pomeriggio libero, il tempo metteva tristezza e faceva pur freddo, quindi ci ho provato… con un risultato ottimo!

Premetto che ho fatto l’impasto con la macchina del pane, quindi mi sono limitata a versare nel cestello la farina, l’acqua, il lievito di birra liofilizzato, il sale, lo zucchero e l’olio: ho impostato il programma di impasto e lievitazione (quello da un’ora e mezza, per intenderci) e, al termine del tempo previsto, ho steso l’impasto con il mattarello, l’ho ripiegato a strisce su se stesso, in maniera tale da ottenere un panetto composto da più strati, che poi sono andata a tagliare con il coltello, ottenendo dei panetti quadrati che ho lasciato ancora un po’ in lievitazione.

Li ho successivamente posti sulla carta da forno e poi, tutto insieme, è stato messo sul cestello della vaporiera: in venti minuti a fuoco vivo ho avuto i panini pronti, perfettamente cotti e morbidi come fiocchi di cotone!

Questi panini si chiamano Mantou e costituiscono il pane quotidiano nelle zone della Cina in cui, oltre al riso, viene curata anche la coltivazione del grano… e sono deliziosi con le pietanze salate come con un semplice cucchiaio di marmellata e, volendo, si possono preparare anche ripieni!

Riepilogo degli ingredienti:

200 g. di farina

120g. di acqua

pochi grammi di lievito di birra liofilizzato (io uso quello della Lidl)

un cucchiaio di olio (io ho usato quello evo)

1 cucchiaino scarso di sale (devono essere quasi sciapi)

1 cucchiaino di zucchero

 Cottura:

20 minuti

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Etniche

Un ritorno al primo amore: sushi e cultura nipponica!

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Amante della cultura nipponica da sempre, vissuta e respirata in dieci lunghi e faticosi anni di karate shotokai praticato con un sensei di quelli “veri”, non un istruttore improvvisato, ma un maestro di fama internazionale, un purista grazie al quale ho apprezzato il valore della fatica, la lezione di un pugno in pieno stomaco per non averci messo la necessaria concentrazione, la forza della mente che prevale sul corpo e sulle sue vulnerabilità, l’andare al di là dei propri limiti, la consapevolezza che la disciplina è alla base di tutto se convogliata in maniera corretta verso l’obiettivo.

Rammento la cerimonia del the, rammento l’annuale tributo al grande maestro Murakami in sua memoria, rammento il praticare degli esercizi di riscaldamento ai limiti dello sfinimento in pieno agosto come al gelo di dicembre, senza climatizzatore nè riscaldamento, rammento il pavimento gelato e noi a piedi nudi saltando a pieno ritmo per tentare di riacquistare la sensibilità delle gambe… dieci anni meravigliosi in cui ho imparato che il corpo segue la mente, che siamo padroni di noi stessi, che con la volontà si arriva ovunque, dieci anni stupendi che mi mancano da quando, appena sostenuto l’esame per il primo dan, ho lasciato il dojo e i miei amici a causa di alcune vicissitudini contrarie al mio essere me stessa, che avrebbero svilito la mia dignità, che mi hanno costretta a cambiare strada.

Ho amato la magia dei kata, danze volteggianti nell’armonia del corpo e del ritmo, e ancora rammento un kata avanzato, complesso e bellissimo eseguito in maniera magistrale su una spiaggia, al tramonto, da un amico… sembrava salutasse il sole, sembrava un tributo silenzioso e magico al sole morente nel mare, prima di iniziare una danza vorticosa di ichi, ni, san, shi, go, roku…. prima di volare sulla sabbia nella perfezione assoluta di un corpo totalmente dominato da una mente allenata…

Ho amato i nomi di ogni singolo attacco o difesa, imparati a fatica in una lingua tanto distante dalla nostra, ho amato parole e suoni e frasi poi pronunciate spesso per aiutare i dialoghi tra me e la deliziosa e sfortunata  moglie di mio cugino, giapponesina doc, con la quale ho intavolto discorsi bellissimi in inglese misto a tedesco e a giapponese, lei che era di diretta discendenza samurai, lei che come un piccolo samurai ha lottato tanto eppure ha perso, sconfitta da un male più feroce di lei.

Oggi il karate mi manca da morire, ma il poco tempo che il lavoro mi concede è tutto dedicato a mio figlio, al mio strepitoso undicenne che amo alla follia e del quale mi innamoro sempre di più, ogni giorno che passa… chissà se mai tornerò a praticarlo perchè il karate non è uno sport, non è una disciplina, è un modo d’essere e di concepire se stessi… ma nel mentre aspetto di riavere un contatto con una cultura che amo visceralmente mi concentro, quando posso, su una cucina in cui ogni gesto è un’opera d’arte, in cui ogni piccolo particolare porta con sè un significato profondo e ancestrale, gesti che a me non riescono perfetti, tutt’altro… ma ci provo e poi sono felice!

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Il sushi è il tradizionale riso acido, elemento base della cucina orientale, conservato sin dell’antichità grazie all’uso dell’aceto di riso, misto a sale e zucchero, che ancor oggi dona alle “pallotte” di riso quel sapore così caratteristico, ed è grazie al riso così trattato che veniva conservato anche buona parte del pesce, seppur utilizzato solo nelle grandi occasioni a causa del prezzo elevato e non accessibile al popolo, quindi quando si parla di sushi ci si riferisce a qualsiasi preparazione a base di riso e non di “pesce crudo” come spesso sdegnosamente sento dire in giro da chi non lo apprezza ed, evidentemente, nemmeno lo conosce.

Il sushi di pesce è sano, magro, gustoso, purchè si abbia l’accortezza di congelare il pesce freschissimo appena acquistato, per evitare pericolose infestazioni da Anisakis, ma per il resto fa parte di un’alimentazione assolutamente sana; sto parlando genericamente di “sushi”, ma intendo anche preparazioni quale il sashimi, l’uramaki, il futomaki o altre varianti relativamente alle quali non sto a dilungarmi tanto è tutto buonissimo e io non sono uno Shokunin, ma solo un pasticciona che ci prova!

Il riso è stato risciacquato molto bene per togliere l’amido e poi cotto (io ho usato la risottiera da microonde che cuoce “quasi” al vapore); va utilizzato un riso a grani piccoli e dopo la cottura deve rimanere privo di amido e ben sgranato, dopodichè per ciascuna tazza di riso cotto verso un cucchiaio di aceto di riso pronto all’uso, mescolo e lo stendo sull’alga nori, poi aggiungo un velo di maionese fatta da me (molto light), un bastoncino di avocado e uno di salmone… e qui inizia il dramma! Avete la stuoietta di bambù? Auguri…. io ho utilizzato inizialmente un tappetino di silicone per arrotolare il tutto,  imprecando in aramaico, poi ho acquistato il sushi-roll che mi ha aiutata parecchio!

Per fare le pallotte di riso, come le chiama mio figlio, ho imparato a mettere sul fondo di una tazzina da caffè un pezzetto di pesce (salmone, tonno, sgombro… quello che volete) e coprire poi con del riso sino a riempire la tazzina, poi verso la tazzina su un tagliere e il giochino è fatto (confesso di averci rimesso anche una tazzina)!
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Ho accompagnato la cena con della salsa di soia dolce in cui ho sciolto della salsa wasabi (salsa al rafano) e con dello zenzero in agrodolce, utilissimo per “ripulire” la bocca tra un boccone e l’altro; ovviamente non poteva mancare dell’ottimo sakè, distillato di riso da bere caldo e che ha un potere dissetante incredibile ed oltre ogni rosea aspettativa, ma se siete astemi un the al gelsomino è perfetto.
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I nipponici, di una saggezza incredibile, fanno precedere sempre il pasto da una minestra calda e brodosa, perfetta per rilassare le pareti dello stomaco e favorire la digestione, ma non sempre è semplice reperirne gli ingredienti e infatti io non l’ho fatta, però quella a base di alga e funghi è strepitosa!
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