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Abruzzo/ Viaggi

Alba Fucens, una giornata immersi nella storia

Stamattina abbiamo lasciato L’Aquila con molta calma, per raggiungere la vicina Alba Fucens, ultima breve tappa in Abruzzo per questo viaggio: si tratta di un sito, sorto nel IV secolo a.C. quale colonia di diritto latino in una posizione elevata e fortificata di circa 34 ettari, infatti il termine “alba” significa “altura”, mentre il termine “fucens” si ricollega al vicino lago Fucino (Fucinus in latino).

Ad oggi non rimane che un’area archeologica, molto bella e dall’accesso libero, a mio parere un po’ scarsa di notizie e di cartellonistica informativa, ma molto ben tenuta se si fa eccezione per il castello, letteralmente divorato dalla vegetazione. Il sito era delimitato da alcune porte, tra le quali la porta Massima, la porta di Massa e la porta Fellonica; purtroppo oggi rimane ben poco di questo agglomerato urbano completo di magazzini, mercato (il macellum), basilica, terme e abitazioni, a seguito della sua totale distruzione ad opera del forte sisma del 1915.

I magazzini.
Le terme riscaldate grazie al passaggio dell’aria tra le colonne di pietre qui visibili.
L’anfiteatro.
Il castello.
Letteralmente divorato dalla vegetazione..

Abbiamo passeggiato lungo l’intera area, siamo poi risaliti fino all’anfiteatro tralasciando la chiesa in quanto per l’apertura era necessario contattare la guida; proseguendo lungo la strada abbiamo raggiunto il castello, purtroppo lasciato in balia di se stesso, ma soprattutto quello che era il centro abitato, molto bello grazie alla posizione e alla vista che si apre ad abbracciare tutta la zona sottostante incorniciata dalle vette montuose.

Parte del villaggio.
E dal villaggio questo è il panorama!

Io non sono mai stata una grande appassionata di siti archeologici dei quali ben poco rimane, tuttavia l’idea di aver calpestato le stesse pietre ivi poste da degli esseri umani vissuti in epoca cosí remota fa pensare e anche un po’ emozionare.

In serata abbiamo raggiunto Anagni, scontrandoci, dopo tanti giorni, con un traffico infernale e la maleducazione di molti automobilisti, ma vediamo cosa ci aspetterà la giornata di domani.

Abruzzo/ Viaggi

Una giornata a L’Aquila

La basilica di Santa Maria di Colledimaggio
Il suo magnifico portale
Gli interni.

Non sapevo cosa aspettarmi da questa città ma già l’arrivo è stato rilassante stante la presenza di ben tre aree camper, completamente gratuite e complete di tutti i servizi, segno che si tratta di una città aperta al turismo e all’accoglienza di noi itineranti.

Ma quanto è carina questa panchina letteraria?

Ci siamo sistemati in quella più vicina al centro e, a parte gli addetti al verde che hanno deciso di potare le aiuole alle sei di mattina (ma non importa) abbiamo iniziato la giornata con tranquillità, recandoci in centro al fine di visitare il nucleo storico aquilano o almeno quello che ne rimane dopo il sisma del 2009.

La situazione…
Cantieri ovunque.

Come vedrete da alcune foto la città è un cantiere a cielo aperto, il terremoto ha picchiato forte lasciando delle ferite profonde, eppure la ricostruzione continua, lenta ed inesorabile grazie ad un popolo fiero, educato e gentile. L’Aquila mi è piaciuta davvero tanto, con i suoi palazzi riportati a nuovo splendidamente, le sue chiese magnifiche e nonostante le lacerazioni ovunque, non nascoste ma lasciate dignitosamente in evidenza a testimonianza del disastro subito ma anche della voglia di ripartire.

La prima visita ci ha portati alla basilica di Santa Maria di Colledimaggio, dalla splendida facciata che pare un ricamo a tombolo e che presenta vari stili al suo interno, visitata con discrezione e in punta di piedi, unitamente ad altri turisti, essendo orario di messa, il che non ci ha permesso purtroppo di inoltrarci nei pressi dell’altare, dove sono ospitate le spoglie di Celestino V, già citato nei precedenti post relativi agli eremi.

Essa infatti venne fondata nel 1288 proprio per volere di Pietro da Morrone, ovvero papa Celestino V, che qui venne incoronato pontefice il 28 agosto 1294; presenta anche una porta santa sulla facciata laterale in quanto sede di un giubileo annuale e inserita dall’UNESCO tra i patrimoni orali ed immateriali dell’umanità.

Basilica di San Bernardino
Il bassorilievo di Andrea della Robbia
I soffitti lignei, incantevoli.
L’influsso di Michelangelo é evidente.

Tra le chiese visitate mi sento di consigliare anche la basilica di San Bernardino, eretta in onore di San Bernardino da Siena, le cui spoglie sono ubicate al suo interno, in quanto esempio di architettura rinascimentale di stampo michelangiolesco; l’interno è barocco ed è favoloso, arricchito da un soffitto ligneo che è un sogno e ospitante anche uno stupendo bassorilievo di Andrea della Robbia. Non sto a descriverla nei minimi particolari, ma guardate le foto e decidete se non vale una visita!

Insegne deliziose.
La casa di Buccio di Ranallo, poeta e scrittore in lingua volgare, precursore delle cronache aquilane.

Il resto della città è semplicemente da vivere perché di arte ce n’è tantissima ma non tutto è sopravvissuto al punto di permettere una visita, molti palazzi sono ingabbiati, puntellati, rinforzati, altri sono chiusi e impegnati in restauri ciclopici, il tutto gestito da un apposito assessorato alla ricostruzione… insomma fissatevi dei punti di interesse e vedete cosa riuscite a fare in quanto ogni giorno potreste trovare qualcosa nuovamente accessibile al pubblico.

Tagliere di prodotti del territorio.
Arrosticini deliziosi.
E la delizia… lo zafferamisú, di una delicatezza indescrivibile.

Il centro é gradevolissimo, la gente tranquilla e cortese, vi sono molti esercizi commerciali carini e si mangia benissimo a costi contenuti: noi ci siamo fermati da Arrosticini Divini, dove abbiamo gustato un tagliere di prodotti locali e degli arrosticini di qualità e cotti alla perfezione… anche qui vi lascio alle foto! Un difetto? Sì, ma sempre il solito: si fanno troppe salite, ma vista l’ubicazione della città é inevitabile.

La Porta Leoni

Visto che questo nasce pur sempre come un blog di cucina, una nota sugli arrosticini é doverosa: essi risalgono a parecchie centinaia di anni fa, quando i pastori si spostavano sugli altopiani a seguito della transumanza; il pastore, isolato negli stazzi di montagna, si nutriva della carne delle pecore non più produttive, che veniva tagliata a cubetti, disposta su piccoli spiedi aguzzi e cotta sulla brace, dando origine agli arrosticini, i quali rappresentano l’essenza e la semplicità di una terra genuina ed orgogliosa qual’é l’Abruzzo.

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Sosta a Campo Imperatore per godere del fascino del Gran Sasso e capatina a Navelli, patria dello zafferano.

Una panoramica di Campo Imperatore con, sullo sfondo, l’osservatorio astronomico.

Oggi è il gran giorno in cui affrontiamo la lunga e ripida salita al Gran Sasso, immerso nelle nubi e nell’atmosfera rarefatta: la strada è sicuramente impegnativa ma ne vale la pena nonostante, arrivati a Campo Imperatore, non vi sia nulla di concreto da fare se non delle escursioni; noi lo raggiungiamo mossi dal consueto interesse storico di Luca in quanto in tale località è ancora intatto, seppur barricato, l’antico hotel nel quale venne tenuto prigioniero Adolf Hitler, mentre io, assolutamente disinteressata alla storia (se poi si parla di elementi del genere me ne sto ancor più alla larga) sono sempre affascinata dalle vette più alte e dall’atmosfera rarefatta che vi si respira.

Le pupette sulla neve.
La prima volta per Milly.
E Margot, cane caloroso, che se la gode.

A Campo Imperatore sorgono unicamente la stazione della funivia, viste le piste che costellano il sito, l’Osservatorio Astronomico e il giardino botanico alpino, nonchè una piccola cappella rigorosamente chiusa; esso sorge tra i 1500 e i 2100 metri s.l.m. nel cuore del massiccio del Gran Sasso, in provincia se L’Aquila, all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso. L’altopiano è il più vasto degli Appennini e si estende su un territorio di circa 75 metri quadrati e ancor oggi è conosciuto quale “Piccolo Tibet”, termine coniato dall’alpinista Fosco Maraini.

Lo storico albergo abbandonato.
La location delle riprese.

Me lo sono goduto appieno, per poi fermarmi lungo la strada del ritorno, nel punto in cui vennero girate alcune scene del film “…Continuavano a chiamarlo Trinità “, per rimanere in materia cinematografica e proseguire con continuità il post di ieri… abbiamo fatto una lunga sosta per il pranzo e vi assicuro che mangiare affacciati a tanta bellezza e alla natura incontaminata non ha davvero prezzo! Nel pomeriggio ci siamo recati a Navelli, patria dello zafferano, nonostante non sia questa la stagione della fioritura, ma unicamente in quanto considerato uno dei borghi più belli d’Italia: abbiamo percorso qualche centinaio di gradini incontrando solamente alcune case molto ben restaurate che, sono certa, all’interno devono essere state dei gioielli di architettura e di arredamento, ma nulla di più, un borgo morto, tutte le serrande abbassate e nessuna traccia della decantata bellezza, assolutamente non curato dal punto di vista turistico.

Alcuni scorci del borgo.

A questo punto abbiamo tirato diritto sino a L’Aquila vista la possibilità di sostare in un’area camper nei pressi del centro, ma di questo ne parliamo domani!

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Eremo di S.Domenico e Castello di Rocca Calascio, dove volò Lady Hawke!

Il lago sul quale sorge l’eremo.

Oggi ci siamo svegliati sotto una pioggia torrenziale ma, sfidando il maltempo, abbiamo deciso di raggiungere l’Eremo di San Domenico, che sorge al di là di un ponte che attraversa l’omonimo lago: non rientrava nei nostri piani originali ma ci ha incuriositi. Esso si trova in località Villalago, lungo una strada stretta e piena di curve, sul costone roccioso del monte, e comprende una chiesetta dalla quale si accede ad una grotta scavata nella roccia calcarea, ove si narra avrebbe dimorato il monaco benedettino san Domenico di Sora intorno all’anno 1000. Egli venne inizialmente ospitato presso il monastero di San Pietro de Lacu, poi acquisì una certa fama a seguito di una miracolosa guarigione e per aver ammansito un lupo reo di aver rapito un neonato, eventi documentati in alcune tele votive affisse all’ingresso dell’eremo.

Il nuovo ponte che lo collega alla strada.

L’eremo sorse intorno al XV secolo, quando ancora l’attuale diga ovviamente non era presente, motivo per il quale l’aspetto dello stesso era estremamente differente , con portico a bifora e facciata rientrante munita di finestrone, accessibile per il tramite di un ponte medievale, successivamente sostituito dall’attuale ponte in pietra e annesso rifacimento della facciata.

L’ingresso della chiesa.
Da qui si accede alla scalinata in pietra che conduce alla grotta.
La scalinata in pietra che conduce alla grotta.
La grotta di San Domenico, il primo luogo che lo ospitò.

Alla chiesa vi si accede tramite un portico del XVII secolo, che conduce ad un ambiente molto piccolo ma dal quale, per il tramite di un varco, si raggiunge la grotta, situata al piano superiore, estremamente suggestiva.

Il castello visto dal sentiero.
Dopo breve cammino lo raggiungiamo.

Nel pomeriggio le condizioni meteorologiche sono migliorate e abbiamo deciso di recarci a Rocca Calascio, sede dell’omonimo castello, dove sono stati girati varie opere cinematografiche, tra le quali “Lady Hawke”, favola sempre presente nei nostri cuori, in cui si narra di un amore quasi impossibile tra una donna che durante il giorno si trasforma in falco e un uomo che di notte diventa un lupo.

Ancora una volta il panorama è spettacolare.

Ritornando alla storia della rocca, la prima edificazione risale a Ruggero II d’Altavilla dopo la conquista normanna, per poi assumere un notevole interesse strategico nel corso del Medioevo, periodo in cui sorse anche il borgo di Rocca Calascio: la fortificazione nel corso dei secoli subì varie vicende fino ai giorni nostri, in cui possiamo ammirare la costruzione dopo i lavori di ristrutturazione iniziati già negli anni ottanta che ci riportano quanto è visibile attualmente.

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Alla scoperta di Scanno e di sua maestà Il Lupo

Scanno, un borgo incastonato nel tempo.

Questa mattina abbiamo lasciato Sulmona alla volta di Scanno, percorrendo una strada abbastanza impegnativa per un camper delle dimensioni di Chewbecca, faticando non poco anche per parcheggiare a Scanno senza dare fastidio ad alcuno, ma la visita alla cittadina ci ha ricompensati di ogni disagio.

Le porticine bellissime.

Il centro storico è rimasto letteralmente incastonato nel tempo e la stessa origine del nome è controversa, in quanto lo si fa comunemente risalire al termine latino “scamnum” che significa “sgabello” e che quindi si ricollega alla forma di piccola panca che si assimila al colle sul quale sorge il borgo; in realtà il nome si ricollega al termine “scandalo” o a quello di “scannella”, ambedue ad indicare una varietà di orzo e le località in cui esso veniva coltivato. Non mancano studi che collegano il nome della località ai confini delle centurie in cui un terreno veniva diviso ed assegnato al contado, ma alla fine tutto ciò sta a dimostrare quanto antico sia il borgo che abbiamo visitato.

Ingressi con scale ovunque.
L’albo pretorio.

Scanno, infatti, risultava essere già abitata in epoca romana, al confine nord del territorio dei Sanniti; nel corso delle invasioni barbariche essa si salvò grazie alla struttura difensiva dei monti che circondano il paese, nonostante la medesima sorte non le venne riservata nel corso delle invasioni saracene e di quelle ottomane, le quali in compenso lasciarono degli strascichi di stampo orientale nella cultura del luogo e nei relativi abiti tradizionali. Il segno del tempo lo si vede ovunque passeggiando lungo le stradine del borgo antico, tant’è che nemmeno il terremoto del 2009 è riuscito a causare danni rilevanti.

Una volta alle finestre si affacciavano i gatti…

Scanno è considerata la città dei fotografi in quanto tra i più noti l’hanno amata e immortalata in molti scatti: ricordiamo Cartier-Bresson, Berengo Gardin e Giacomelli, tra i molti che qui hanno lavorato; essa viene ricordata anche in quanto qui venne girato “Uomini e donne” con Silvana Mangano e Yves Montand… insomma un paradiso per l’arte!

Comignoli improvvisati.
Mercati inaspettati.

Scanno va apprezzata semplicemente passeggiando, guardando i palazzi, ammirando gli scorci e volgendo lo sguardo verso l’alto: ve ne offro un assaggio, merita davvero!

Siamo all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo.
Civitella purtroppo vista solo da lontano.

Lasciata Scanno ci siamo diretti verso Civitella Alfedena, con l’intenzione di visitare il Museo del Lupo, ovviamente chiuso per riposo settimanale (ma ne eravamo consapevoli), osservare l’area di reinserimento dei lupi e fare una passeggiata lungo il borgo. Contavamo sul campeggio ma apre appena a giugno, quindi ci siamo diretti alla ricerca di un parcheggio per poter godere di una visita al volo, tuttavia ci é risultato impossibile: qualsiasi parcheggio è interdetto ai camper, motivo per il quale abbiamo sostato al volo in un angolino, avendo avuto la fortuna di avvistare tre magnifici lupi nel giro di pochi minuti e ce ne siamo andati con l’intenzione di farci ospitare dove siamo accolti con maggiore benevolenza.

La famigliola di lupi: uno é quello chiaro accucciato, l’altro è ben visibile mentre il terzo è nascosto dall’erba. Che emozione…

I lupi, bellissimi animali, fieri e regali, li abbiamo visti benissimo grazie al binocolo, tuttavia abbiamo tentato una foto grazie allo zoom del telefono (oramai la reflex nemmeno la porto più con me perché mi risulta pesante) e ve la propongo, si vede poco ma l’esperienza è stata troppo bella per non lasciarne traccia.

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Eremo Sant’Onofrio al Morrone (e un breve ritorno a Sulmona)

Il corridoio semiaperto che accompagna il visitatore verso la chiesa.

Di quest’eremo avevo già scritto nel post dedicato a quello di Santo Spirito e alle vicende di Celestino V quindi come non approfondirne le vicende? Ieri sera siamo arrivati ai piedi dell’eremo e abbiamo pernottato poco prima dello sbarramento di accesso, in mezzo ai boschi e nella pace più assoluta, per raggiungere, nella mattinata di oggi, il sentiero che si inerpica fino all’eremo; nulla di eccessivamente faticoso, circa mezz’ora di cammino, ma che necessita di calzature da trekking e che si inerpica parecchio nel giro di pochi metri. Il panorama che si apre allo sguardo del visitatore è spettacolare, infatti siamo all’interno del Parco Nazionale della Majella e la vista spazia su tutti i monti circostanti per tutti i circa 290 metri di dislivello, sino a raggiungere l’eremo.

La posizione particolare della costruzione, a picco sul vuoto sottostante.

L’eremo è stato paragonato ad un nido d’aquila che domina la valle sottostante e al suo interno vi sono l’oratorio con gli affreschi del 1200 e la cella utilizzata da Pietro del Morrone, ovvero Papa Celestino V, nonché quella di Roberto da Salle, suo discepolo; annessa all’eremo è visitabile anche Grotta di Celestino, sua prima dimora.

L’ingresso.
Il porticato.

Dal sentiero il visitatore attraversa un porticato che lo accoglie al di sotto di una volta che si affaccia allo spazio aperto per il tramite di arcate lungo la balconata, per poi raggiungere la chiesa, piccola e bellissima, ricca di affreschi lungo le pareti della cappella, tra cui uno che rappresenta proprio Celestino, mentre il soffitto è decorato da travi lignee trapunte di stelle.

A sinistra l’affresco rappresentante Celestino.
Il soffitto decorato da travi lignee dipinte.

Dalla chiesa` si raggiunge il piccolo spazio abitativo, semplicemente composto da due piani e da una terrazza dalla quale si gode di una vista mozzafiato; non vi tedio con altre descrizioni avendo già ampiamente descritto le vicende di Celestino nel post dedicato, motivo per il quale vi lascio alcuni scatti che valgono più di mille parole.

La cella di Celestino.
Si sale verso il piano superiore.
L’unica stanza visitabile.
La magnifica terrazza che si apre dal piano superiore.
E dal quale si ammira un panorama meraviglioso.

Poco distante dall’eremo sorge Sulmona, già visitata anni fa ma che abbiamo raggiunto per usufruire della bellissima area di sosta e, già che c’eravamo, siamo saliti per una breve passeggiata in centro, affollatissimo tra`una festa cittadina in corso e turisti impegnati nell’acquisto di confetti, nota specialità della zona.

L’ingresso del museo di Sulmona.
La basilica della Santissima Annunziata.
Gli interni… spettacolari!
L’acquedotto medievale.
E ovunque confetti colorati!

Domani ci sposteremo nuovamente quindi, dopo una bella mangiata di arrosticini ci godiamo il meritato riposo e ci salutiamo!

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Gessopalena e una capatina ad Atri

Oggi siamo al nostro terzo giorno alla scoperta dell’Abruzzo e, in mattinata, ci rechiamo a Gessopalena dove, quasi in maniera insospettabile, si apre il borgo medievale di Pretalucente, interessantissimo esempio di un sito sorto interamente sul gesso, da cui il nome del paese, nel quale sono state scavate le abitazioni e le chiese; lungo il percorso è stata posta una segnaletica informativa curata fin nei minimi particolari che spiega le tecniche di estrazione e di lavorazione del gesso, della sua collocazione sulla scala di Mohs in base alla durezza del materiale, della vita nel villaggio e degli edifici che incontriamo lungo la visita, purtroppo distrutti nel 1943 ad opera dell’esercito tedesco.

Si pone l’accento sul nome “Pretalucente” o “Petralucente”, che trae origine dalle venature “sbrilluccicose” e riflettenti la luce intrinseche nel materiale gessoso usato.

Il borgo è una chicca che si apre dietro ad una piazza, dove nessuno si aspetterebbe un sito così esteso e dal quale godere di un panorama che appaga la vista e lo spirito… vi lascio una carrellata di foto insieme al suggerimento, se ne avete la possibilità, di considerarne una visita (oltretutto gratuita).

L’accesso al borgo.
Si sale lungo il sentiero.
I forni per la panificazione in cui la popolazione una volta alla settimana cuoceva il pane, pagando una piccola tassa al proprietario e lasciandovi una pagnotta in dono.
Serie di botteghe, stalle ed abitazioni.
Una delle chiese presenti nel borgo.
Si sale ancora.
Uno degli interni visitabili.
Ecco lo sbrilluccichio della pietra.
Le macine.
Che panorama…
Qui si rasenta la perfezione 😍

Lasciamo questa meraviglia per raggiungere Atri, bellissimo borgo ma male organizzato e che ci ha infastiditi in quanto le vie sono strettissime, prive di marciapiedi, quindi il pedone è costantemente costretto ad appiattirsi lungo i muri delle case per permettere il passaggio delle automobili… e non è che ne passi una ogni tanto! Insomma impossibile da visitare con serenità, motivo per il quale gli scatti che vi lascio sono pochi, praticamente abbiamo fatto scorta di prodotti a base di liquirizia, essendo il prodotto tipico del luogo, e ce ne siamo andati.

La cattedrale del XIII secolo
Gli affreschi sovrastanti l’altare.
La volta.
Il teatro comunale.
Il palazzo ducale.
Il cortile interno.
Un affresco della natività visibile dal cortile del palazzo ducale.

Pronti per la prossima tappa? Al prossimo post, vi aspetto!

Abruzzo/ Viaggi

Eremo di Santo Spirito a Majella e Castello di Roccascalegna

Il complesso monastico.

Iniziamo la nostra seconda giornata di vacanza e la inauguriamo con una salita, folle per un camper della stazza di Chewbecca, che ci porta all’Eremo di Santo Spirito a Majella, tanto difficile quanta é stata la bravura di Luca ad arrivarci senza combinare danni, considerato anche l’errore ad un incrocio che ci ha portati ad una retromarcia da brivido.

L’ingresso della chiesa.
Gli interni.
La parte originale della volta.

La meraviglia del sito ripaga della tensione provata lungo la strada in quanto esso è situato a 1132 metri s.l.m. e sorge in un contesto naturalistico unico, scavato lungo una parete di roccia calcarea e circondato da una faggeta nel cuore dell’Appennino Centrale Abruzzese, all’interno del Parco Nazionale della Majella; la sua storia è intrinsecamente legata a quella di Pietro da Morrone, ovvero Papa Celestino V.

L’ingresso dell’eremo.

La storia dell’eremo evolve nel corso dei secoli, stante che i primi insediamenti risalgono all’VIII secolo, per poi divenire possedimento benedettino nel corso dell’XI secolo, periodo in cui vi trovó ospitalità anche l’abate Desiderio, il quale divenne Papa Vittore III nel 1086. Nel 1246 la chiesa venne riedificata in occasione dell’arrivo del suddetto Pietro e successivamente la confraternita fu annessa all’Ordine Benedettino.

Gli interni.
Alcune parti si affacciano all’esterno, svelando un panorama mozzafiato.

Essa rischiò la soppressione, anche questa scongiurata grazie all’intervento di Pietro presso il II Concilio Lionese, nel 1274, al punto che Pietro venne nominato Priore di Santo Spirito. Tuttavia ben presto egli iniziò ad allontanarsi sempre di più dall’eremo e nel 1293 egli si stabilì nell’Eremo di Sant’Onofrio, a Sulmona, trasferendo contestualmente la Casa Madre dell’ordine a Santo Spirito al Morrone.

Nel 1294 egli venne incoronato papa con il nome di Celestino V mentre la sua congregazione assunse il nome di Celestini, tuttavia dopo soli cinque mesi egli abbandonò la carica pontificia concludendo la propria esistenza nella Rocca di Fumone e spegnendosi il 19 maggio 1296.

La campana del campanile.

Da qui l’eremo iniziò un periodo di decadenza che trovò fine grazie all’abate Pietro Santucci da Manfredonia, che riportò il luogo all’antica bellezza, ulteriormente rafforzata nel 1646 ad opera del principe Marino Caracciolo, il luogo subí ulteriori vicende devastate tra incendi e abbandono, fino al 1893, quando Domenico Bonfitto restaurò definitivamente il sito riprendendo anche la pratica del “Perdono”, ancora oggi in vigore.

Stavolta vi ho fatto un pippone, ma il luogo è talmente bello che valeva davvero la pena approfondirne le vicende… purtroppo abbiamo lasciato il luogo subito dopo la visita, ma vi assicuro che vi sarei rimasta volentieri ancora un paio d’ore.

Un borgo interamente decorato!

Ripresa la strada, nuovamente da brivido, per il ritorno, ci siamo diretti alla volta di Roccascalegna: che incanto! Un borgo ricco di attività artigianali, riccamente decorato in ogni angolo, al punto che tutti gli sportelli dei contatori delle abitazioni sono dipinti con motivi floreali, sotto le volte dei ponti sono appesi merletti, tegole decorate e si ammirano ghirlande luminose in ogni angolo di strada!

Arriviamo al castello sotto un sole impietoso, ma la fatica viene ben presto ricompensata da un edificio bellissimo e mantenuto con amore e precisione! Si tratta di un’ampia struttura difensiva che sorge sulla cima di una sporgenza rocciosa, di fondazione molto antica ma più volte ampliato nel corso dei secoli, sino ad arrivare ai restauri del XX secolo che hanno permesso di renderlo visitabile.

Iniziamo la salita…
Però è bellissima!

Di fatto esso nacque dall’ampliamento di una semplice torretta di guardia longobarda, cui seguirono restauri ed ampliamenti, soprattutto ad opera dei signori di Annecchino e dei baroni di Carafa, con l’aggiunta di torri e l’edificazione della cappella del SantissimoRosario, in seguito anche grazie alla signoria dei Corvi, poi ne seguì la distruzione del ponte levatoio e l’edificazione della garritta all’ingresso, unitamente al rafforzamento del muro di protezione della rampa di accesso. Seguirono ulteriori crolli, finché il castello venne donato al Comune dagli ultimi proprietari, i Croce Nanni, decretandone quindi la rinascita grazie ad un cospicuo restauro.

Siamo all’interno.
Raggiungiamo la torre.
Che panorama, eh?

Il castello porta con sè alcune leggende, tra le quali quella in cui si narra che il barone del castello, tale Corvo de’ Corvis, pretese lo Ius primae noctis, ossia l’obbligo per tutte le donne del paese di trascorrere la prima notte di nozze con lui anziché con il neo consorte; si narra anche che egli sia stato accoltellato proprio da una di queste donne o dal proprio consorte e che la sua ultima impronta insanguinata ,in punto di morte, sia stata lasciata su una roccia e che la stessa, in occasione di ogni restauro, sia sempre ricomparsa nonostante i ripetuti lavaggi.

Tappa birra!
Sono anche simpatici 😀
Perchè faticare salendo e scendendo ripetutamente le scale per la terrazza?

Prima di lasciare il borgo, terminata la visita al castello, ci siamo fermati presso un birrificio artigianale… trovate i riferimenti nelle didascalie e, se passate di là, fermatevi per una pausa rinfrescante perché ne vale la pena!

Abruzzo/ Marche/ Viaggi

Di nuovo in viaggio!

Elcito, un borgo incantevole!

Ve lo avevo detto che ci sarebbero state novità vagabonde, vero? Benissimo, ieri nel pomeriggio, subito dopo il lavoro, abbiamo messo in moto il nostro fido Chewbecca e siamo partiti alla volta delle Marche, direzione Abruzzo.

L’intenzione era di arrivare in serata alla nostra prima tappa ma, a causa del traffico, ci siamo fermati a dormire lungo la strada, per poi ripartire stamani prestissimo alla volta di Elcito, denominata “la Tibet italiana”; sia chiaro che io detesto questi paragoni ma, al di là di questo, si tratta di un piccolo borgo incantevole. Abbiamo lasciato il camper al primo parcheggio, quello più lontano, per raggiungere il borgo attraversando un boschetto abbastanza ripido ma meraviglioso, un tripudio di fiori per la gioia di Margot e di Milly, la new entry in famiglia.

A proposito… Margot…
E la new entry Milly, quattro mesi di vivacità

Elcito è una frazione di San Severino Marche, in provincia di Macerata, che sorge arroccato su uno sperone roccioso di 821 metri alle pendici del monte La Pereta ed è quanto rimane di un castello eretto a difesa dell’abbazia benedettina di Valfucina. Ad oggi è abitato soprattutto nel corso del periodo estivo in quanto molti residenti nelle zone limitrofe vi posseggono delle seconde case ma, sino agli anni settanta, era un borgo completamente autosufficiente, tant’è che attualmente è privo di esercizi commerciali. Allo stato attuale, dall’ultimo censimento, è risultato che gli abitanti avente residenza ad Elcito sono solamente sette!

La posizione é incantevole e il silenzio gradito, come viene ricordato dalla segnaletica sparsa lungo le vie del borgo, le stradine sono perfette ed intonse e di fatto la breve visita regala la sensazione di vivere in un paese fatato.

L’unica attività commerciale, che lavora senza sosta, è un “buchetto” presso il quale rifocillarsi, dalla qualità eccellente e i prezzi onestissimi.

Crescia, insaccati e porchetta: potevamo rinunciare?

Lasciato Elcito ci dirigiamo verso Civitella del Tronto, con il suo castello vasto e bellissimo e il suo borgo che è un amore rimasto incastonato nel tempo, sito in provincia di Teramo e facente parte del club de “I borghi più belli d’Italia”.

L’ingresso alla fortezza di Civitella.

Iniziamo con la visita al castello, totalmente accessibile anche ai cani, che risulta essere la fortezza spagnola più grande d’Italia, conservata molto bene e tuttora in fase di restauro, che si eleva sulla parte più alta del paese; é un’opera di ingegneria militare di portata vastissima in quanto costituita da più elementi tra di loro indipendenti eppure complementari, quasi una sorta di città autonoma, realizzata da architetture di epoche diverse tra di loro collegate da una serie di rampe. Essa sorge su una preesistente struttura medievale, voluta da Filippo II d’Asburgo, re di Spagna, nel XVI secolo e ad oggi ospita anche un piccolo e curatissimo museo.

Esplorando le vie del borgo scopriamo la Ruetta, la via più stretta d’Italia, e visitiamo la chiesa di San Francesco, l’unica che riusciamo a vedere in fase di chiusura, ma vi lascio alle foto!

Da qui si accedeva alla cisterna dell’acqua.
La cisterna, la cui acqua veniva filtrata mediante un sistema a base di legna e carbone.
Si sale ancora…
… verso ciò che rimane del Palazzo del Governatore
Con il suo pozzo personale.
Gli alloggi degli ufficiali.
E quelli dei soldati.
Uno dei reperti del museo: l’elmo di Pio IX, soldato pontificio.
Lo spettacolare panorama sul Gran Sasso, ancora innevato.
Salendo lungo le vie del borgo…
Fino ad incontrare la Ruetta.
Scendiamo nuovamente le stradine del borgo per ritornare al camper.
Incontrando scorci bellissimi.
Ed un tramonto meraviglioso… a domani!

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