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Febbraio 2016

Etniche/ Primi

Puntini di sospensione e noodles al pollo

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Ci sono giornate come frasi dense di punti di sospensione, in cui non sai nemmeno se e come finirà,

ci sono giornate piene di punti interrogativi, quando ogni certezza diventa una scommessa con se stessi,

ci sono giornate costellate di punti esclamativi, quelle in cui ti senti un leone e sei pronto a sbranare l’umanità.

Le mie giornate più recenti sono traballanti tra i punti di sospensione e quelli interrogativi, con un infinito alfabeto di stanchezza che si ripete sempre uguale a se stesso come le note di un refrain…

Sono momenti in cui ogni tanto spunta un punto esclamativo, uno di quelli ricchi di convinzione perchè sai che non puoi continuare a correre facendo lo slalom tra sospensioni ed interrogativi, sai che serve un gesto di amore verso se stessi, un qualcosa che va al di là dell’indossare un abito che fa star bene o un velo di trucco del colore giusto.

Questo mio punto esclamativo si chiama alimentazione, quella che troppo spesso ho tralasciato guadagnando chili inutili e perdendo energia: oggi ricomincio da me, da un tema scritto appositamente per me stessa, perchè il tempo manca, perchè mi voglio coccolare con un cibo appagante, perchè sono disposta a fare dei sacrifici solo se la pancia è comunque soddisfatta, perchè riesco a condurre il filo del discorso solo se non è troppo complicato.

Ho scoperto i noodles e sempre più spesso sperimento, provo, tento… giocando con gli ingredienti che ho a disposizione perchè l’importante è il risultato che dev’essere assolutamente light senza perdere in gusto, colore e profumo, perchè anche i punti sospensivi possono divenire dei punti fermi, perchè le interrogazioni possono trasformarsi in esclamazioni di gioia per la mia costanza!

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Ingredienti:

100 g. di noodles di riso

olio di sesamo q.b.

un pizzico di sale aromatizzato

salsa di soia q.b.

salsa di pesce q.b.

120 g. di petto di pollo

una grattugiata di rafano fresco

cavolo cappuccio q.b.

porro (parte verde) q.b.

Procedimento:

Riscaldare dell’acqua per ammollarvi i noodles, come da istruzioni sulla confezione e, nel frattempo, ripassare velocemente in un wok il petto di pollo tagliato a pezzettini con un pizzico di sale aromatizzato (non amo la carne troppo intrisa di salsa di soia), poi aggiungere un goccio di olio di sesamo, la salsa di soia e quella di pesce ed unire le verdure tagliate fini, farle saltare un po’ ed aggiungere una generosa grattugiata di rafano.

Non appena i noodles saranno pronti, scolarli ed unirli al condimento nel wok, far saltare ancora un po’ il tutto sino ad amalgamare gli ingredienti.

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Letture

“Una casa sul mare del nord” di Nina George

Immagine tratta dal web

Non è mai troppo tardi, mai, nemmeno un’ora prima del nulla.

Avevo già incontrato, sulla mia strada di lettrice vorace, questa autrice con “Una piccola libreria a Parigi”, ma ero rimasta un po’ interdetta dal suo stile un po’ strano, forse per i miei gusti troppo confuso, diverso da ciò cui sono abituata di solito… invece con questa seconda lettura forse ho iniziato a comprenderla meglio perché le sue frasi talora rimangono con il senso sospeso nel vento, cariche di una poesia che caratterizza ogni riga che esca dalla sua penna, ricche di una delicatezza cui forse non sono avvezza.

Qui si narra il ritorno alla vita di Marianne, il suo ritrovare la strada dopo aver cercato la morte, il suo anelito profondo di esistere e di rinascere dopo aver toccato il fondo più cupo della propria spersonalizzazione, vittima dell’indifferenza di un marito che l’ha annullata in ogni sfumatura della sua personalità.

Marianne è tedesca e inizia il suo viaggio verso la vita proprio dalla ricerca della morte, sopravvissuta ad un tuffo da Pont Neuf e salvata dalle gelide acque della Senna da un clochard gentile e premuroso, ma ben presto da Parigi si trova in Bretagna e lì esplode tutto il suo bisogno di riscatto, la sua rivendicazione dei sentimenti sopiti ed annullati, schiacciati dalla personalità egoista di un uomo sbagliato e fedifrago che ben presto si mette sulle sue tracce per trovare dinanzi a sé una donna cambiata, una donna che a sessant’anni si è innamorata, che ha avuto il coraggio di rimettere in discussione tutta se stessa grazie alla generosità degli abitanti del meraviglioso paese sull’oceano cui è approdata seguendo una tegola dipinta che lo rappresentava.

Ed è proprio all’autore di quella tegola che lei arriva, riconoscendolo subito come la sua perfetta metà, lontano anni luce dalla pochezza della vita che ha lasciato a casa e che, nonostante i mille dubbi e i sensi di colpa che l’attanagliano, continua ad attenderla con amore, dedizione e pazienza.

Marianne è una donna che diventa molto bella, a tratti speciale, quasi una maga che solo al contatto con gli altri ne riesce a captare i pensieri più intimi, che riesce ad entrare negli anfratti dell’animo umano, che la notte si siede sulla spiaggia e suona alla luna, che nella notte di Samhain può sentire il mondo dei morti che si congiunge a quello dei vivi… ed è grazie al suo istinto che riesce alla fine a scegliere la strada giusta, quella che porta alla sua felicità e a quella dei paesani che l’hanno amata da subito, all’amore di Yann e al ricordo dolcissimo di Sidonie, al cuore di tutti gli altri abitanti di Kerdruc che generosamente le hanno insegnato la lingua bretone e tutte le tradizioni pagane che costantemente arricchiscono le pagine di questo libro dolcissimo e poetico.

E’ un testo delicatissimo, ben scritto nonostante (a mio avviso) un errore di traduzione nelle prime pagine che mi ha confuso un po’ le idee, è un libro da leggere perché è un inno alla vita, alla volontà di trovarvi quanto di più bello vi possa essere in qualsiasi situazione, è poesia pura, delicatezza, comprensione delle debolezze umane, perdono e tanto tanto amore.

 

Dolci e desserts

Crostoli triestini ed è di nuovo Carnevale

Capiamoci, detesto il Carnevale, non l’ho mai amato, tranne la volta in cui salii su un treno e dopo due ore mi ritrovai in una Venezia da sogno, un angolo di mondo rimasto fermo agli sfarzi settecenteschi, dove i volti nascosti dietro immobili ed enigmatiche maschere variopinte di sprecavano.

Ero infagottata dentro un bellissimo abito di Pierrot, cucito dalla mia mamma, maschera che ho sempre amato, coperta da uno spesso strato di cerone bianco e con una lacrimuccia glitterata, un po’ agitata perchè raffreddatissima e con il timore di non riuscire a soffiarmi il naso 🙂

La soddisfazione però fu immensa poichè, proprio a me tra un esercito di costumi meravigliosi, un fotografo mi chiese il permesso di scattare una fotografia… a me, ad un piccolo Pierrot tra tante dame dagli abiti di raso e broccato e cavalieri in calzamaglia e tunica di velluto!

Per il resto il Carnevale ancora oggi mi coglie di sorpresa perchè non so mai quando arriva e in pochi giorni vengo invasa di richieste di dolci, perfetto per me che odio friggere, ma tant’è… mica posso cuocere al vapore in questo periodo vero?

Le richieste della mia mamma sono sempre le stesse: i crostoli! Che poi li si chiami chiacchiere, frappe, cenci… sempre loro sono, delicati e scrocchiarelli!

Non potevo non prepararglieli, lei ora non ce la fa più ma con quel bellissimo abito da Pierrot se li è guadagnati per la vita 🙂

La ricetta è tratta da “La cucina triestina” di Maria Stelvio (cioè il nostro testo sacro per non perdere le tradizioni locali), pur se con qualche leggerissima variazione e con il raddoppio delle quantità previste (mica vorrete morire di fame?).

Ingredienti:

 100 g. di burro

80 g. di zucchero

latte q.b.

un pizzico di sale

500 g. di farina

3 uova

3 cucchiai di rhum

qualche goccia di o.e. di limone o buccia grattugiata

olio di girasole per friggere

Procedimento:

Sciogliere il burro e aggiungere gli altri ingredienti lavorando in modo da ottenere un impasto morbido ma lavorabile senza fatica (io impasto sempre a macchina, se ne avete la possibilità fatelo), poi stenderlo sulla spianatoia infarinata e ripassarlo con il mattarello sino ad ottenere una sfoglia molto sottile, avendo sempre cura di usare la farina necessaria a non fare attaccare il tutto al mattarello; tagliare i crostoli con la rotellina seghettata praticando un’incisione al centro sia per migliorare il risultato in cottura che per abbellirli, poi friggerli in olio ben caldo e abbondante. In brevissimo tempo saranno dorati: sgocciolarli e lasciarli su carta assorbente per farli asciugare dall’olio in eccesso. Prima di servirli spolverizzarli di zucchero a velo vanigliato… e il giorno dopo saranno ancora più croccanti!

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